L'Anticristo
CHI HA PAURA DEL DIAVOLO?

 

Esistono due atteggiamenti sbagliati con cui affrontare la tematica del "male":

1 credere che Satana non esista (e questa è la sua più grande conquista;

2 aver paura di lui (pensare che sia più forte di noi, vederlo agire in ogni circostanza).
In realtà basta aprire il Vangelo per confutarli entrambi: si testimoniano numerosi esorcismi compiuti da Gesù, e si possono contare più di cento riferimenti al diavolo (chiamato da Gesù anche "principe di questo mondo").

I discepoli, poi, tornando dalla loro missione erano euforici a tal punto che Gesù dovette intervenire: "Non rallegratevi perché i demoni si sottomettono a voi ma perché i vostri nomi sono scritti nei cieli". Dunque tranquilli! Satana esiste, ma non dobbiamo temerlo: temiamo piuttosto il peccato, frutto del nostro deliberato consenso, e causa della perdita della grazia di Dio!

S. Giovanni Crisostomo non esitava a definirlo addirittura "santificatore delle anime", logicamente non per sua natura, ma in quanto nel combattimento spirituale quotidiano, noi abbiamo l'occasione, con la grazia di Dio, di resistere al male e di radicarci nel bene.

In questa lotta contro gli spiriti del male (Ef. 6,12), siamo grazie a Dio provvisti di potenti armi: abbiamo la preghiera, i sacramenti e l'intercessione degli angeli e dei santi. E come non ricordare l'importantissimo ruolo della nostra Mamma del cielo! La Storia della Salvezza si apre con una profezia di speranza, l'inimicizia tra la Donna e il serpente (Gen. 3,15), e si chiude con una grande profezia di certezza, il combattimento tra la "Donna vestita di Sole" e il "dragone rosso" (Ap. 12,1) di cui ben conosciamo l'esito. Ed è con somma gioia che possiamo annunciare al mondo intero: la vittoria appartiene a Cristo, nostro Sole di Giustizia!

Dal giornale "La Stampa" di Torino, del 27-3-1981 riportiamo l'illuminante pensiero del PAPA:

"SATANA ESISTE, HA UN REGNO, UN'AZIONE LOGICA". Il demonio esiste, ha un suo regno, ha un suo programma che "esige una stretta logica dell'azione, una logica tale che il regno del male possa reggere: anzi, che possa svilupparsi negli uomini ai quali è indirizzato".

Giovanni Paolo II, che nell'omelia ha citato Newton e Einstein, ha parlato a lungo di Satana, del suo regno contrapposto a quello di Dio: "La lotta tra il regno del male, dello spirito maligno, e il regno di Dio - ha detto - non è cessata, non è finita. E' entrata soltanto in una tappa nuova, anzi nella tappa definitiva. In questa tappa la lotta perdura nelle generazioni sempre nuove della storia umana". Rivolgendosi poi direttamente ai giovani, il Pontefice ha affermato: "Imparate a pensare, a parlare e ad agire con chiarezza evangelica, chiama peccato il peccato e non chiamatelo liberazione".

"La Stampa" del 27-3-1981

L'Anticristo

Qualcuno potrebbe obiettare che è relativamente facile criticare le teorie e le dottrine del controllo sociale, ma che il problema vero si pone non rispetto alla critica della società e della conoscenza, ma rispetto ai casi più difficili che emergono a volte improvvisamente nell'esistenza quotidiana di moltissime persone, famiglie, comunità.
Come ti comporti - mi si può chiedere - per esempio di fronte ad una famiglia che viene da te e ti dice: il nostro Giovanni è uscito pazzo, fa cose che prima non faceva, si vuole buttare dalla finestra, ci aggredisce, dice che lo perseguitano, oppure pensa di essere il primo ministro?

Si verifica il caso cioè in cui, almeno apparentemente, la novità di un comportamento non sembra soltanto tale rispetto ad una generalità di modo di vivere, ma appare tale anche rispetto agli atteggiamenti soliti della stessa persona. Insomma sarebbe la storia di chi ad un certo punto, come si dice, dà i numeri, dà di testa, e per questo sorprende gli stessi parenti, vicini di casa, compagni di scuola, amici.

C'è da dire prima di tutto, per rispondere sulla base dell'esperienza diretta, che l'emergenza improvvisa di una diversità in modi drammatici non è veramente improvvisa e drammatica. La diversità si pone drammaticamente e violentemente all'attenzione solo quando tentativi meno drammatici e violenti sono già stati ripetutamente provati e disattesi. E come l'estremo appello per trovare qualcuno che stia a sentire, che ascolti, che comprenda, che comunichi, che almeno provi a discutere.

Devo dire che per lo più una comunicazione di questo tipo risulta inutile anzi dannosa, è un appello che viene completamente evaso rinchiudendo.

Buona parte dell'internamento psichiatrico e della legittimità sociale dell'intervento autoritario dello psichiatra viene giustificato sulla base di questi casi limite.

Naturalmente in questi anni mi sono trovato di fronte a molte situazioni del genere. Parlerò ora di una storia accaduta a Firenze nel '66 nel mese di novembre ai tempi dell'alluvione.

Già allora ero conosciuto da alcuni anni come medico che pensava che non fosse giusto internare le persone.
Devo precisare subito all'inizio che il racconto che sto per fare non è né la storia di un intervento psicologico né la storia psicologica di un uomo, ma è il tentativo da parte mia, in questo caso riuscito, di evitare l'ingiustizia di un internamento.

In quei giorni la città aveva un aspetto biblico. La sera del quattro novembre dall'alto delle colline sembrava di vedere solo corsi d'acqua, e la valle trasformata in un lago.

Qualche giorno dopo, verso la fine del mese mi telefona la madre di un uomo di quarant'anni, artigiano fiorentino. Mi dice concitatamente che suo figlio è in uno stato preoccupante, vive con lei e con la sorella e forse vuole ucciderle: almeno così dice.

Lei aveva sentito parlare di me come di uno che non interna, e nonostante avesse paura e fosse molto preoccupata, non voleva internare il figlio, e nemmeno sua figlia voleva internare il fratello. Così andai a casa di quell'uomo.
Lo trovai che girava intorno al tavolo della sala da pranzo, e mi apparve subito in uno stato di ansia terribile che non gli lasciava riposo.

Ricordo che fu molto difficile cominciare a parlare e per un'ora e più si rimase in silenzio. Quando finalmente si cominciò a comunicare mi disse di sentirsi come un anticristo, e che tale condizione non lo garantiva da nessuna possibile conseguenza pericolosa. Avrebbe anche potuto uccidere la madre e la sorella.

Io gli risposi che questa indubbiamente era una sua paura di cui occorreva capire alla svelta le radici. Non ho intenzione di riportare nei dettagli tutto il nostro discorso, né servirebbe.

Affrontammo il problema del significato dell'Anticristo e dei termini in cui lui lo stava vivendo. Diceva che si sentiva contro il vangelo per il suo comportamento sessuale, e questo aspetto metteva in dubbio l'intera sua personalità etica.

L'Anticristo può fare qualsiasi cosa, diceva.

Le acque dell'alluvione avevano distrutto il suo laboratorio artigiano, e lo avevano sballato completamente dal punto di vista economico. Pensava che tutto questo per lui e per molti altri avesse un significato superiore come nella storia biblica di Sodoma e Gomorra.

Discutemmo così insieme da diversi punti di vista la problematicità dei rapporti tra l'etica sessuale e la tradizione religiosa.

Quell'uomo non fu mai ricoverato né curato dagli psichiatri . Superò la sua crisi esistenziale discutendone in termini reali.