L'Anticristo
Dal libro Un esorcista racconta di Don
G. Amorth
Anche il demonio è una creatura di Dio. Il ruolo di ogni creatura dipende da una
impostazione cristocentrica... Alcuni teologi pensano che solo in virtù del mistero della
croce gli angeli siano stati ammessi alla visione beatifica di Dio. Molti Padri scrivono
affermazioni interessanti.
Ad esempio, leggiamo in S. Atanasio che anche gli angeli debbono la loro salvezza al Sangue di Cristo. Riguardo ai demoni, le affermazioni contenute nei Vangeli sono tante: Cristo con la sua croce ha sconfitto il regno di Satana ed ha instaurato il regno di Dio.
Ad esempio, gli indemoniati di Gerasa esclamano: "Che
c'è tra noi e te, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?"
(Matteo 8,29)
Alla luce della centralità di Cristo si vede il piano di Dio che ha creato buone tutte le
cose "per lui e in vista di lui". E si vede l'opera di Satana, il nemico, il
tentatore, l'accusatore, per la cui suggestione è entrato nel creato il male, il dolore,
il peccato, la morte.
E risulta la restaurazione del piano divino, operata da Cristo col suo sangue. Emerge anche chiara la potenza del demonio: Gesù lo chiama "principe del mondo" (Giovanni 14,30); S. Paolo lo indica come "dio di questo mondo" (2 Cor. 4,4); Giovanni afferma che "tutto il mondo giace sotto il potere del maligno" (1 Giovanni 5,19). Satana era il più splendente degli angeli; è divenuto il peggiore dei demoni e il loro capo.
Perché anche i demoni sono vincolati tra loro da una
strettissima gerarchia e conservano il grado che avevano quando erano angeli...è una
gerarchia di schiavitù, non di amore come esisteva tra gli angeli il cui capo è Michele.
Deve essere ben chiaro che il male, il dolore, la morte, l'inferno (ossia la dannazione
eterna nel tormento che non avrà fine) non sono opera di Dio! Un giorno padre Candido
stava cacciando via un demonio. Verso la conclusione dell'esorcismo egli si rivolse a
quello spirito immondo con ironia: "Vattene da qui; tanto, il Signore te l'ha
preparata una bella casa, ben scaldata!" Al che il demonio rispose: " Tu non sai
niente. Non è Lui che ha fatto l'inferno. Siamo stati tutti noi. Lui non ci aveva neppure
pensato".
Dio vuole che tutti si salvino; nessuno è predestinato all'inferno; Gesù è morto per
tutti; a tutti vengono date le grazie necessarie alla salvezza.
Sarebbe bello parlare solo di Cristo; ma sarebbe contro ogni suo insegnamento e contro la
sua opera. Per cui non arriveremmo mai a capirlo. La Scrittura ci parla del Regno di Dio,
ma anche del regno di Satana; ci parla della potenza di Dio e di figli del Diavolo. E'
impossibile comprendere l'opera redentrice di Cristo senza tener conto dell'opera
disgregatrice di Satana... Chi toglie Satana, toglie anche il peccato e non capisce più
neanche l'operato di Cristo.
Sconfitto da Cristo, Satana combatte contro i suoi seguaci; la lotta contro gli spiriti
maligni continua e durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno...Prima di
regnare con Cristo glorioso, finito l'unico corso della nostra vita terrena (non esiste
altra prova!), o compariremo tutti davanti al tribunale di Cristo, per riportare ciascuno
quello che fece nella sua vita mortale, o di bene o di male; e alla fine del mondo ne
usciranno: chi ha operato il bene per la risurrezione di vita; e chi ha operato il male
per la risurrezione di condanna.
Ancora un cenno su questa delicata materia...Come è sbagliato negare l'esistenza di
Satana, altrettanto è sbagliato, secondo l'opinione più seguita, affermare l'esistenza
di altre forze o entità spirituali, ignorate dalla Bibbia e inventate dagli spiritisti,
dai cultori delle scienze esotiche o occulte, dai seguaci della reincarnazione o dai
sostenitori delle cosiddette "anime vaganti". Non esistono spiriti buoni al di
fuori degli angeli; né esistono spiriti cattivi al di fuori dei demoni. Le anime dei
defunti vanno subito o in paradiso o all'inferno o in purgatorio, come è stato definito
da due concili (Lione e Firenze).
Contro le ingiustificate paure del demonio, riportiamo una pagina di S. Teresa d'Avila,
tratta dalla sua Vita:
"Se questo Signore è così potente, come so e vedo; se i demoni non gli sono che
schiavi, come la fede non mi permette di dubitare, che male mi possono fare se io sono la
serva di questo Re e Signore?
Piuttosto, perché non sentirmi così forte da affrontare l'inferno intero?...
Sapete quando i demoni ci fanno spavento?
Quando ci angustiamo con le sollecitudini per
gli onori, per i piaceri e per le ricchezze del mondo. Allora noi, amando e cercando
quello che dovremmo aborrire, mettiamo nelle loro mani le armi con cui potremmo difenderci
e li induciamo a combatterci con nostro immenso pregiudizio... Piaccia a Dio che, sorretta
dalla grazia, io ritenga riposo ciò che è riposo, onore ciò che è onore, piacere ciò
che è piacere, e non il contrario. Allora farei le corna a tutti i demoni, che
fuggirebbero spaventati...
Prologo
Clara e Annetta, giovanissime, lavoravano in una ditta commerciale a *** (Germania).
Non erano legate da profonda amicizia, ma da semplice cortesia.
Lavoravano ogni giorno l'una accanto all'altra e non poteva mancare uno scambio di idee.
Clara si dichiarava apertamente religiosa e sentiva il dovere d'istruire e richiamare
Annetta, quando questa si dimostrava leggera o superficiale in fatto di religione.
Trascorsero qualche tempo assieme: poi Annetta contrasse matrimonio e si allontanò dalla
ditta. Nell'autunno di quell'anno....Clara trascorreva le vacanze in riva al lago di
Garda. Verso la metà di settembre, la mamma le mandò dal paese natio una lettera:
"È morta Annetta N...È rimasta vittima di un incidente automobilistico.
L' hanno
sepolta ieri nel "Waldfriedhof'".
La notizia spaventò la buona signorina, sapendo che l'amica non era stata tanto
religiosa. Era preparata a presentarsi davanti a Dio?...Morendo all'improvviso, come si
sarà trovata?...
L'indomani ascoltò la Santa Messa e fece anche la Comunione in suo suffragio, pregando
fervorosamente. La notte, dieci minuti dopo la mezzanotte, ebbe luogo la visione...
"Clara, non pregare per me! Sono dannata! Se te lo comunico e te ne riferisco
piuttosto lungamente, non credere che ciò avvenga a titolo di amicizia. Noi qui non
amiamo più nessuno. Lo faccio come costretta. Lo faccio come "parte di quella
potenza che sempre vuole il male e opera il bene".
In verità vorrei vedere anche te approdare a questo stato, dove ormai ho gettato l'ancora
per sempre.
Non stizzirti di questa intenzione. Qui, noi pensiamo tutti così. La nostra volontà è
impietrita nel male, in ciò che voi appunto chiamate "male". Anche quando noi
facciamo qualcosa di "bene", come io ora spalancandoti gli occhi sull'Inferno,
questo non avviene con buona intenzione.
Ti ricordi ancora che quattro anni fa ci siamo conosciute a ***?Contavi allora 23 anni e
ti trovavi già da mezz'anno quando ci arrivai io.
Tu mi hai levata da qualche impiccio; come a principiante, mi hai dato dei buoni
indirizzi! Ma che vuol dire "buono"?.
Io lodavo il tuo "amore per il prossimo".
Ridicolo! Il tuo soccorso deriva da pura civetteria, come, del resto, io sospettavo già
fin d'allora. Noi non conosciamo qui nulla di buono. In nessuno.
Il tempo della mia giovinezza lo conosci. Certe lacune le riempio qui.
Secondo il piano dei miei genitori, a dire il vero, non sarei neanche dovuta esistere.
"Capitò loro appunto una disgrazia". Le mie due sorelle contavano già 14 e 15
anni, quando io tendevo alla luce.
Non fossi mai esistita! Potessi ora annientarmi, sfuggire a questi tormenti!
Nessuna voluttà uguaglierebbe quella con cui lascerei la mia esistenza; come un vestito
di cenere, che si perde nel nulla.
Ma io devo esistere. Devo esistere così, come mi sono fatta io: con un esistenza fallita.
Quando papà e mamma, ancora giovani si trasferirono dalla campagna in città, ambedue
avevano perduto il contatto con la Chiesa. E fu meglio così.
Simpatizzarono con la gente non legata alla Chiesa. Si erano conosciuti in un ritrovo
danzante e mezz'anno dopo dovettero sposarsi.
Nella cerimonia nuziale rimase attaccata a loro tant’ acqua santa, che la mamma si
recava in Chiesa alla Messa domenicale un paio di volte l’anno. Non mi ha mai insegnato
a pregare davvero. Si esauriva nella cura quotidiana della vita, benché la nostra
situazione non fosse disagiata.
Parole, come Messa, istituzione religiosa della Chiesa, le dico con una ripugnanza senza
pari. Aborrisco tutto questo, come odio chi frequenta la Chiesa e in genere tutti gli
uomini e tutte le cose.
Odio verso Dio
Da tutto, infatti, ci deriva tormento. Ogni cognizione
ricevuta in punto di morte, ogni ricordo di cose vissute o sapute, è per noi fiamma
pungente.
E tutti i ricordi ci mostrano quel lato che in essi era grazia e che noi sprezzammo.
Quale tormento è questo? Noi non mangiamo, non dormiamo, non camminiamo coi piedi.
Spiritualmente incatenati, guardiamo inebetiti "con urla e stridor di denti" la
nostra vita andata in fumo: odiando e tormentati!
Senti? Noi qui beviamo l'odio come acqua. Anche l'uno verso l'altro.
Soprattutto noi odiamo Dio.
Te lo voglio rendere comprensibile.
I Beati in Cielo devono amarlo, perché essi lo vedono senza velo, nella sua bellezza
abbagliante. Ciò li beatifica talmente, da non poterlo descrivere. Noi lo sappiamo e
questa cognizione ci rende furibondi.
Gli uomini in terra, che conoscono Dio dalla creazione e dalla rivelazione, possono
amarlo; ma non ne sono costretti.
Il credente, lo dico digrignando i denti, il quale, meditabondo, contempla Cristo in
croce, con le braccia tese, finirà con l'amarlo.
Ma colui, al quale Dio si avvicina solo nell'uragano, come punitore, come giusto
vendicatore, perché un giorno fu da lui ripudiato, come avvenne di noi, costui non può
che odiarlo, con tutto l'impeto della sua malvagia volontà, eternamente, in forza della
libera accettazione con la quale, morendo, abbiamo esalato l'anima nostra e che neppure
ora ritiriamo e non avremo mai la volontà di ritirarla.
Comprendi ora perché l'Inferno dura eternamente? Perché la nostra ostinazione giammai si
scioglierà da noi.
Costretta, aggiungo che Dio è misericordioso persino verso di noi. Dico
"costretta", poiché anche se dico queste cose volutamente, pure non mi è
permesso di mentire, come volentieri vorrei! Molte cose le affermo con la mia volontà.
Anche la foga d'improperi, che vorrei continuare, la devo strozzare.
Dio fu misericordioso verso di noi col non lasciare esaurire sulla terra la nostra
malvagia volontà, come noi saremmo stati pronti a fare. Ciò avrebbe aumentato le nostre
colpe e le nostre pene. Egli ci fece morire anzitempo, come me, o fece intervenire altre
circostanze mitiganti.
Ora egli si dimostra misericordioso verso di noi col non costringerci ad avvicinarci a lui
più di quanto lo siamo in questo remoto luogo infernale; ciò diminuisce il tormento.
Ogni passo che mi portasse più vicino a Dio, mi cagionerebbe una pena maggiore di quella
che a te recherebbe un passo più vicino ad un rogo ardente.
Ti sei spaventata, quando io una volta, durante il passeggio, ti raccontai che mio padre
pochi giorni avanti la mia prima Comunione, mi aveva detto: "Annettina, cerca di
meritarti un bel vestitino: il resto è una montatura".
Per il tuo spavento quasi mi sarei perfino vergognata. Ora ci rido sopra.
L'unica cosa ragionevole in quella montatura era che ci si ammetteva alla Comunione solo a
dodici anni. Io allora ero abbastanza presa dalla mania dei divertimenti mondani, così
senza scrupoli mettevo in un canto le cose religiose e non diedi grande importanza alla
prima Comunione.
Che parecchi bambini vadano ora alla Comunione già a sette anni, ci mette in furore. Noi
facciamo di tutto per dare a intendere alla gente manca una cognizione adeguata, Essi
devono prima commettere alcuni peccati mortali!
Allora la bianca Particola non fa più in essi gran danno, come quando nei loro cuori
vivono ancora la fede; la speranza e la carità, puh! questa roba, ricevute nel Battesimo.
Ti ricordi come abbia già sostenuto sulla terra questa opinione?
Ho accennato a mio padre. Egli era sovente in lite con la mamma. Te ne feci allusione solo
raramente; me ne vergognavo. Cosa ridicola la vergogna del male!
Per noi qui tutto è lo stesso.
I miei genitori neanche dormivano più nella medesima camera; ma io con la mamma e il
papà nella camera attigua, dove poteva rincasare liberamente a qualsiasi ora. Beveva
molto; in tal modo scialacquava il nostro patrimonio. Le mie sorelle erano ambedue
impiegate e abbisognavano esse stesse, dicevano, del denaro che guadagnavano. La mamma
cominciò a lavorare per guadagnare qualche cosa.
Nell'ultimo anno di vita papà batteva spesso la mamma, quando lei non gli voleva dar
nulla. Verso di me, invece, fu sempre amorevole. Un giorno, te l' ho raccontato e tu,
allora, ti sei urtata del mio capriccio (di che cosa non ti sei urtata nei miei
riguardi?), un giorno dovette portare indietro per ben due volte, le scarpe comprate,
perché la forma e i tacchi non erano per me abbastanza moderni.
La notte in cui mio padre fu colpito da apoplessia mortale, avvenne qualcosa che io per
timore di una interpretazione disgustosa non riuscii a confidarti. Ma ora devi saperlo. È
importante per questo: allora per la prima volta fui assalita dal mio spirito tormentatore
attuale.
Dormivo in una camera con mia madre.
I suoi respiri regolari dicevano il suo profondo sonno.
Quand'ecco mi sento chiamare per nome. Una voce ignota mi dice: "Che sarà se muore
papà?".
L'amore nelle anime in stato
di Grazia
Non amavo più mio padre dacché trattava così
villanamente la mamma; come del resto non amavo fin d'allora assolutamente nessuno, ma ero
solamente affezionata ad alcune persone, che erano buone verso di me. L’amore senza
speranza di contraccambio terreno vive solo nelle anime in stato di Grazia. E io non lo
ero.
Così risposi alla misteriosa domanda senza darmi conto donde venisse: "Ma non muore
mica!".
Dopo una breve pausa, di nuovo la stessa domanda chiaramente percepita: "Ma non muore
mica!". Mi scappò ancora dalla bocca, bruscamente.
Per la terza volta fui richiesta: "Che cosa sarà se muore tuo padre?". Mi si
presentò alla mente come papà spesso veniva a casa piuttosto ubriaco, strepitava,
maltrattava la mamma e come egli ci aveva messo in una condizione umiliante dinanzi alla
gente. Perciò gridai indispettita gli sta bene!".
Allora tutto tacque.
La mattina seguente, quando la mamma volle mettere in ordine la stanza del babbo, trovò
la porta chiusa chiave. Verso mezzogiorno si sforzò la porta. Mio padre, mezzo vestito,
giaceva cadavere sul letto. Nell’andare a prendere la birra in cantina doveva essersi
buscato qualche accidente. Era già da lungo tempo malaticcio
Marta k... e tu mi avete indotta a entrare nell’ Associazione delle Giovani".
Veramente non ho mai nascosto che trovavo abbastanza intonate con la moda parrocchiale le
istruzioni delle due direttrici, le signore X.
I giuochi erano divertenti. Come sai, vi ebbi subito una parte attiva. Ciò mi andava a
genio.
Anche le gite mi piacevano. Mi lasciai perfino indurre alcune volte ad andare alla
Confessione e alla Comunione.
A dire il vero, non avevo nulla da confessare. Pensieri e discorsi per me non avevano
importanza. Per azioni più grossolane, non ero abbastanza corrotta. Tu mi ammonisti una
volta: "Anna, se non preghi, vai alla perdizione!".
Voi pregavo davvero poco e anche questo, solo svogliatamente.
Allora tu avevi purtroppo ragione. Tutti coloro che bruciano nell’Inferno non hanno
pregato o non hanno pregato abbastanza.
Il primo passo verso Dio
La preghiera è il primo passo verso Dio.
E rimane il passo decisivo. Specialmente la preghiera a Colei che fu Madre di Cristo, il
nome della quale noi non nominiamo mai.
La devozione a Lei strappa al demonio innumerevoli anime, che il peccato gli consegnerebbe
infallibilmente nelle mani.
Proseguo il racconto consumandomi di ira; è solo perché devo. Pregare è la cosa più
facile che l’uomo possa fare sulla terra.
E proprio a questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di ognuno.
A chi prega con perseveranza Egli a poco a poco dà tanta luce, lo fortifica in maniera
tale che, alla fine anche il peccatore più impantanato può definitivamente rialzare.
Fosse pure ingolfato nella melma fino al collo.
Negli ultimi tempi della mia vita non ho più pregato come di dovere e così mi sono
privata delle grazie, senza le quali nessuno può salvarsi.
Qui non riceviamo più nessuna grazia.
Anzi, quand’anche le ricevessimo, le rifiuteremmo cinicamente. Tutte le fluttuazioni
dell’esistenza terrena sono cessate in quest’altra vita.
Da voi sulla terra l’uomo può salire dallo stato di peccato allo stato di Grazia e
dalla Grazia cadere nel peccato, spesso per debolezza, talvolta per malizia.
Con la morte questo salire e scendere finisce, perché ha la sua radice nella imperfezione
dell’uomo terreno. Ormai abbiamo raggiunto lo stato finale.
Già col crescere degli anni i cambiamenti divengono più rari. È vero, fino alla morte
si può sempre rivolgersi a Dio i rivolgergli le spalle. Eppure, quasi trascinato dalla
corrente, l’uomo, prima del trapasso, con gli ultimi deboli resti della volontà, si
comporta come era abituato in vita.
La consuetudine, buona o cattiva, diviene una seconda natura. Questa lo trascina con sé
Così avvenne anche a me. Da anni vivevo lontano da Dio. Per questo nell’ultima chiamata
della Grazia mi risolvetti contro Dio.
Non fu il fatto che peccai spesso a essere fatale per me, ma che non volli più risorgere.
Tu mi hai ammonito più volte di ascoltare le prediche, di leggere libri di pietà.
"Non ho tempo", era la mia risposta ordinaria. Non ci mancava altro per
aumentare la mia incertezza interna!
Del resto devo constatare questo: dal momento che la cosa era ormai così avanzata, poco
prima della mia uscita dall' "Associazione delle Giovani", mi sarebbe riuscito
enormemente gravoso mettermi su un’altra via. Mi sentivo malsicura ed infelice. Ma
davanti alla conversione si ergeva una muraglia.
Tu non devi aver sospettato. Tu te l’eri rappresentata così semplice, quando un giorno
mi dicesti: "Ma fa una buona confessione, Anna e tutto è a posto".
Sentivo che sarebbe stato così. Ma il mondo, il demonio, la carne mi tenevano già troppo
saldamente nei loro artigli.
Il Demonio influisce sulle persone
All’influsso del demonio non credetti mai. E ora attesto che egli influisce
gagliardamente sulle persone che si trovano nella condizione in cui mi trovavo allora.
Soltanto molte preghiere, di altri e di me stessa, congiunte con sacrifici e sofferenze,
mi avrebbero potuta strappare da lui.
E anche ciò, a poco a poco. Se ci sono pochi ossessi esternamente, di ossessi
internamente ce n’è un formicaio. Il demonio non può rapire la libera volontà a
coloro che si danno al suo influsso. Ma in pena della loro, per dir così, metodica
apostasia da Dio, questi permette che il "maligno" si annidi in essi.
Odio anche il demonio. Eppure egli mi piace, perché cerva di rovinare voialtri: odio lui
e i suoi satelliti, gli spiriti caduti con lui al principio del tempo.
Essi si contano a milioni. Girovagano per la terra, densi come uno sciame di moscerini, e
voi neanche ve ne accorgete.
Non tocca a noi riprovati di tentarvi; questo è ufficio degli spiriti decaduti.
Veramente ciò accresce ancor più il tormento ogni volta che essi trascinano quaggiù all’Inferno
un’anima umana. Ma che cosa non fa l’odio?
Benché camminassi per sentieri lontano da Dio, Dio mi seguiva.
Preparavo la via alla Grazia con atti di carità naturale, che compivo non di rado per
inclinazione del mio temperamento.
Talvolta Dio mi attirava in una chiesa. Allora sentivo come una nostalgia. Quando curavo
la mamma malaticcia, nonostante il lavoro d’ufficio durante il giorno, e in certo modo
mi sacrificavo davvero, questi allettamenti di Dio agivano potentemente.
Una volta, nella chiesa dell’ospedale, in cui mi avevi condotta durante la pausa del
mezzogiorno, mi venne qualcosa addosso che sarebbe bastato un solo passo per la mia
conversione: piansi!
Ma poi la gioia del mondo passava di nuovo come un torrente sopra la Grazia.
Il grano soffocava le spine.
L’ultimo rifiuto
Con la dichiarazione che la religione è affare di
sentimento, come si diceva sempre in ufficio, cestinai anche questo invito della Grazia
come tutti gli altri.
Una volta tu mi rimproverasti perché invece di una genuflessione fino a terra, feci
appena un informe inchino, piegando il ginocchio. Tu lo ritenesti un atto di pigrizia. Non
sembrasti neppure sospettare che fin d’allora non credevo più nella presenza di Cristo
nel Sacramento.
Ora ci credo, ma solo naturalmente, come si crede in un temporale di cui scorgono gli
effetti.
Intanto mi ero accomodata una religione a modo mio. Sostenevo l’opinione, che da noi in
ufficio era comune, che l’anima dopo la morte risorga in un altro essere. In tal modo
continuerebbe a pellegrinare senza fine.
Con ciò l’angosciosa questione dell’aldilà era insieme messa a posto e resa a me
innocua.
Perché tu non mi hai ricordato la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro, in cui
il narratore, Cristo, manda, immediatamente dopo la morte, l’uomo all’Inferno e l’altro
in Paradiso?... Del resto, che cosa avrei ottenuto? Nulla di più che con gli altri tuoi
discorsi di bigottismo!.
A poco a poco mi creai un Dio; sufficientemente dotato da essere chiamato Dio; lontano
abbastanza da me, da non dover mantenere nessuna relazione con lui; vago abbastanza da
lasciarsi, secondo il bisogno, senza mutar la mia religione, paragonare a un dio
panteistico del mondo, oppure da lasciarsi poetizzare come un dio solitario. Questo Dio
non aveva nessun Inferno da infliggermi. Lo lasciavo in pace.
In ciò consisteva la mia adorazione per Lui.
Ciò che piace si crede volentieri. Nel corso degli anni mi tenni abbastanza convinta
della mia religione. In questo modo si poteva vivere.
Una cosa soltanto mi avrebbe spezzato la cervice: un lungo, profondo dolore. E questo
dolore non venne!
Comprendi ora cosa vuol dire: "Dio castiga quelli che ama!"?.
Era una domenica di luglio, quando l’Associazione delle Giovani organizzò una gita a
*** stava da poco tempo sull’altare del mio cuore. L’aitante Max N... del negozio
attiguo. Poco tempo prima avevamo scherzato assieme più volte.
Appunto per quella domenica egli mi aveva invitata ad una gita. Quella con cui andava di
solito, giaceva malata all’ospedale.
Egli aveva ben capito che gli avevo messo gli occhi addosso. Sposarlo non ci pensavo
allora. Era bensì agiato, ma si comportava troppo gentilmente con tutte le ragazze. E
fino a quel tempo, volevo un uomo che appartenesse unicamente a me. Non solo essere
moglie, ma moglie unica. Un certo galateo naturale, infatti l’ebbi sempre.
Nella sua accennata gita Max si profuse in gentilezze.... Eh! Già, non si tennero mica
delle conversazioni pretesche come fra voi altre!
Dio "pesa" con
Precisione
Il giorno seguente, in ufficio, tu mi facesti dei
rimproveri, perché non ero venuta con voi a ***. Ti descrissi il mio divertimento di
quella domenica.
La tua prima domanda fu: "Sei stata alla Messa?". Sciocchina! Come potevo, dato
che la partenza era già fissata per le sei?!
Sai ancora come eccitata aggiunsi: "Il buon Dio non ha una mentalità così piccina
come i vostri pretacci!".
Ora devo confessare: Dio, nonostante la sua infinita bontà, pesa le cose con maggior
precisione che tutti i preti.
Dopo quella giornata con Max, venni ancora una volta nell’Associazione: a Natale, per la
celebrazione della festa. C’era qualcosa che mi allettava a tornare.
Ma internamente mi ero già allontanata da voi altre.
Cinema, ballo, gite si avvicendavano senza tregua. Noi bisticciavamo alcune volte, ma
seppi incatenarlo di nuovo a me.
Molestissima mi riuscì l’altra amante, che tornata dall’ospedale si comportò come un’ossessa.
Veramente per mia fortuna: poiché la mia nobile calma fece potente impressione su Max,
che finì col decidere che fossi la preferita.
Avevo saputo rendergliela odiosa, parlando freddamente: all’esterno positiva, nell’interno
vomitando veleno. Tali sentimenti e tale contegno preparano eccellentemente per l’Inferno.
Sono diabolici nel più stretto senso della parola.
Perché ti racconto ciò? Per riferire come mi staccai definitivamente da Dio.
Non già del resto, che tra me e Max si fosse arrivati fino agli estremi della
famigliarità. Comprendevo che mi sarei abbassata ai suoi occhi, se mi fossi lasciata
andare del tutto, prima del tempo; perciò mi seppi trattenere.
Ma in sé, ogni volta che lo ritenevo utile, ero sempre pronta a tutto. Dovevo conquistare
Max. A tale scopo nulla era troppo caro. Inoltre, a poco a poco, ci amavamo possedendo
ambedue non poche preziose qualità, che ci facevano stimare vicendevolmente. Ero abile,
capace, di piacevole compagnia. Così mi tenni saldamente in mano Max e riuscii, almeno
negli ultimi mesi prima del matrimonio, a essere l’unica a possederlo.
"Mi ritenevo
Cattolica..."
In ciò consistette la mia apostasia a Dio: elevare una
creatura a mio idolo. In nessuna cosa può avvenir questo, in modo che abbracci tutto,
come nell’amore di una persona dell’altro sesso, quando quest’amore rimane arenato
nelle soddisfazioni terrene.
È questo che forma la sua attrattiva, il suo stimolo e il suo veleno.
L’ "adorazione", che tributavo a me stessa nella persona di Max, divenne per
me religione vissuta.
Era il tempo in cui in ufficio mi scagliavo velenosa contro i chiesaioli, i preti, le
indulgenze, il biascichio dei rosari e simili sciocchezze.
Tu hai cercato, più o meno argutamente, di prendere le difese di tali cose.
Apparentemente senza, senza sospettare che nel più intimo di me non si trattava in
verità, di queste cose, cercavo piuttosto un sostegno contro la mia coscienza, allora
avevo bisogno di un tale sostegno, per giustificare anche con la ragione la mia apostasia.
In fondo in fondo, mi rivoltavo contro Dio. Tu non lo comprendesti; mi ritenevo ancora
cattolica. Volevo anzi essere chiamata così; pagavo perfino le tasse ecclesiastiche. Una
certa "contro assicurazione", pensavo, non poteva nuocere.
Le tue risposte può darsi alle volte abbiano colpito nel segno. Su di me non facevano
presa, perché tu non dovevi avere ragione.
A causa di queste relazioni falsate fra noi due, fu meschino il dolore del nostro
distacco, allorché ci separammo in occasione del mio matrimonio.
Prima dello sposalizio mi confessai e comunicai ancora una volta. Era prescritto. Max e me
la pensavamo ugualmente. Perché non avremmo dovuto compiere questa formalità? Anche noi
la compimmo come le altre formalità.
Voi chiamate indegna una tale Comunione. Ebbene dopo quella Comunione "indegna"
ebbi più calma nella coscienza. Del resto fu anche l’ultima.
La nostra vita coniugale trascorreva, in genere, quanto mai in grande armonia. Su tutti i
punti di vista noi eravamo dello stesso parere.. Anche in questo: che non volevamo
addossarci il peso dei figli. Veramente mio marito ne avrebbe volentieri avuto uno; non di
più, si capisce. Alla fine seppi distoglierlo anche da questo desiderio.
Vesti, mobili di lusso, ritrovi da the, gite e viaggi in auto e simili distrazioni mi
importavano di più.
Fu un anno di piacere sulla terra quello trascorso tra il mio sposalizio e la mia
repentina morte.
Ogni domenica andavamo fuori in auto, oppure facevamo visite ai parenti di mio marito.
Essi galleggiavano alla superficie dell’esistenza, né più né meno di noi.
Internamente, si capisce, non mi sentii mai felice, per quanto esternamente ridessi.
C’era sempre dentro di me qualche cosa d’indeterminato, che mi rodeva. Avrei voluto
che dopo la morte, la quale naturalmente doveva essere ancora molto lontana, tutto fosse
finito.
Ma è proprio così, come un giorno, da bambina, sentii dire in una predica: che Dio
premia ogni opera buona che uno compie e, quando non la potrà ricompensare nell’altra
vita, lo farà sulla terra.
Inaspettatamente ebbi un’eredità dalla zia Lotte. A mio marito riuscì felicemente di
portare il suo stipendio a una cifra notevole. Così potei sistemare la nuova abitazione
in modo attraente.
La religione non mandava più che da lontano la sua voce, scialba, debole ed incerta.
I caffè della città, gli alberghi, in cui andavamo durante i viaggi, non ci portavano
certamente a Dio.
Tutti coloro che frequentavano quei luoghi, vivevano, come noi, dall’esterno all’interno,
non dall’interno all’esterno.
Se nei viaggi delle ferie visitavamo qualche chiesa, cercavamo di ricrearci nel contenuto
artistico delle opere. L’alito religioso che spiravano, specialmente quelle medioevali,
sapevo neutralizzarlo col criticare qualche circostanza accessoria: un frate converso
impicciato o vestito in modo non pulito, che faceva da cicerone; lo scandalo che dei
monaci, i quali volevano passare per pii, vendessero liquori; l’eterno scampanio per le
sacre funzioni, mentre non si tratta che di far soldi...
Il Fuoco dell’Inferno
Così seppi continuamente scacciare da me la Grazia
ogni volta che bussava.
Lasciavo libero sfogo al mio malumore in modo particolare su certe rappresentazioni
medievali dell’Inferno nei cimiteri o altrove, nelle quali il demonio arrostisce le
anime in braghe rosse e incandescenti, mentre i suoi compagni, dalle lunghe code, gli
trascinano nuove vittime. Clara! L’Inferno si può sbagliare a disegnarlo, ma non si
esagera mai!
Il fuoco dell’Inferno l’ ho sempre preso di mira in modo speciale. Tu lo sai come
durante un alterco, in proposito, ti tenni una volta il fiammifero sotto il naso e ti
dissi con sarcasmo: "Ha questo odore?".
Tu spegnesti in fretta la fiamma. Qui non la spegne nessuno. Ti dico: il fuoco di cui si
parla nella Bibbia, non significa, tormento della coscienza. Fuoco è fuoco!
È da intendersi letteralmente ciò che ha detto Lui: "Via da me, maledetti, nel
fuoco eterno!". Letteralmente.
"Come può lo spirito essere toccato da fuoco materiale", domanderai. Come può
l’anima
tua soffrire sulla terra quando ti metti il dito sulla fiamma? Difatti non brucia l’anima;
eppure che tormento ne prova l’individuo!
In modo analogo noi qui siamo legati spiritualmente al fuoco, secondo la nostra natura e
secondo le nostre facoltà. L’anima nostra è priva del suo naturale battito d’ala,
noi non possiamo pensare ciò che vogliamo né come vogliamo.
Non meravigliarti di queste mie parole.
Questo stato, che a voialtri non dice nulla mi riarde senza consumarmi.
Il nostro maggior tormento consiste nel sapere con certezza che noi non vedremo mai Dio.
Come può questo tormentare tanto, dal momento che uno sulla terra rimane così
indifferente?
Fintanto che il coltello giace sulla tavola, ti lascia fredda. Si vede quanto è affilato,
ma non lo si prova. Immergi il coltello nella carne e ti metterai a gridare dal dolore.
Adesso noi sentiamo la perdita di Dio, prima la pensavamo soltanto.
Non tutte le anime soffrono in misura uguale.
Con questa maggior cattiveria e quanto più sistematicamente uno ha peccato, tanto più
grave pesa su di lui la perdita di Dio e tanto più lo soffoca la creatura di cui ha
abusato.
I cattolici dannati soffrono di più che quelli di altre religioni, perché essi per lo
più ricevettero e calpestarono più grazie e più luce.
(Articoli apparsi sul mensile "Il Segno del Soprannaturale" e
gentilmente concessi dall'autore)