Atti di Paolo
1.
ATTI DI PAOLO E TECLA *
[1]
Paolo a Iconio. Allorché Paolo, fuggito da Antiochia, saliva a Iconio, aveva
come compagni di viaggio Demas ed Ermogene, il calderaio, i quali pieni di
ipocrisia adulavano Paolo facendo mostra di volergli bene.
[2]
Un uomo, di nome Onesiforo, avendo udito che Paolo si avvicinava a Iconio, uscì
per andargli incontro con i suoi figli Simia e Zerro e con la moglie Lettra per
offrirgli ospitalità. Era stato Tito, infatti, a descrivergli l'aspetto di
Paolo, non conoscendolo egli fisicamente, ma solo spiritualmente.
[3]
Egli percorreva la via regia che conduce a Listra, si fermava ad attenderlo e
osservava attentamente i passanti in base alla descrizione di Tito. Scorse Paolo
che stava venendo: era un uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe
arcuate, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto
sporgente, pieno di amabilità; a volte infatti aveva le sembianze di un uomo, a
volte l'aspetto di un angelo.
[4]
Quando vide Onesiforo, Paolo sorrise. Onesiforo gli disse: "Salve, ministro
di Dio benedetto!". Ed egli a lui: "La grazia sia con te e con la tua
famiglia!". Ma Demas ed Ermogene, ingelositi, divennero ancora più
ipocriti, tanto che Demas esclamò: "Noi non siamo forse del Benedetto, che
tu non ci hai salutati allo stesso modo?". Onesiforo rispose: "Non
vedo in voi alcun frutto di giustizia. Se tuttavia anche voi siete dei loro,
venite a casa mia e ristoratevi".
[5]
Quando Paolo entrò nella casa di Onesiforo, ci fu una gioia grande: le
ginocchia si piegarono, fu spezzato il pane e fu annunciata la parola di Dio
sulla continenza e sulla risurrezione. Paolo diceva:
"Beati
i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio.
Beati
quelli che custodiscono casta la carne, poiché essi diverranno tempio di Dio.
Beati
i continenti, perché Dio si intratterrà con essi.
Beati
quelli che hanno rinunziato a questo mondo, poiché essi saranno graditi a Dio.
Beati
coloro che hanno la moglie come se non l'avessero, poiché essi erediteranno
Dio.
Beati
quelli che hanno il timore di Dio, poiché essi saranno angeli di Dio.
[6]
Beati quelli che temono le parole di Dio, poiché essi saranno consolati.
Beati
quelli che accolgono la sapienza di Gesù Cristo, poiché essi saranno chiamati
figli dell'Altissimo.
Beati
quelli che hanno custodito il battesimo, poiché essi troveranno riposo presso
il Padre e il Figlio.
Beati
quelli che hanno la conoscenza di Gesù Cristo, perché essi saranno nella luce.
Beati
quelli che si sono liberati dell'aspetto esteriore del mondo per amore di Dio,
poiché essi giudicheranno gli angeli e saranno benedetti alla destra del Padre.
Beati
i misericordiosi, poiché essi troveranno misericordia e non vedranno l'amaro
giorno del giudizio.
Beati
i corpi delle vergini, poiché essi saranno graditi a Dio e non perderanno la
ricompensa della loro castità: la parola del Padre sarà infatti per essi opera
di salvezza nel giorno del suo Figlio ed avranno riposo nei secoli dei
secoli".
[7]
Tecla, Paolo e Tamiri. Mentre Paolo parlava così in mezzo all'adunanza nella
casa di Onesiforo, seduta alla finestra della casa vicina, la vergine Tecla, la
cui madre si chiamava Teoclia, fidanzata ad un uomo di nome Tamiri, ascoltava
giorno e notte il discorrere di Paolo sulla castità: non si allontanava mai
dalla finestra, ma, sostenuta dalla fede, vi restava con gioia inesprimibile.
Vedendo inoltre che molte donne e vergini entravano da Paolo, bramava di poter
essere anch'essa degna di stare al cospetto di Paolo e ascoltare la parola di
Cristo: non aveva mai visto infatti le sembianze di Paolo, ma aveva udito
soltanto la sua parola.
[8]
Siccome lei non si allontanava mai dalla finestra, sua madre mandò a cercare
Tamiri. Questi giunse pieno di gioia, come se dovesse già prenderla in sposa.
[9]
Quest'uomo, Tamiri, sconvolge tutta la città di Iconio, e anche la tua Tecla.
Poiché a tutte le donne e ai giovani che vanno da lui, egli insegna: "E'
necessario temere l'unico Dio e vivere in castità". Anche mia figlia,
incatenata come un ragno alla finestra dalle sue parole è sotto l'influsso di
un desiderio nuovo e di una passione spaventosa; la fanciulla attratta dalle sue
parole, non si lascia distogliere. Avvicinati dunque a lei e rivolgile la
parola: lei infatti ti è promessa!".
[10]
Pieno di amore per lei ma anche timoroso per la sua estasi, Tamiri si avvicinò
e le disse: "Tecla, mia promessa sposa, perché resti seduta così? Quale
passione ti trattiene in questa estasi? Volgiti al tuo Tamiri e
vergognati!". Anche sua madre ripeteva la stessa cosa: "Figlia, perché
te ne stai seduta così con gli occhi bassi, non rispondi nulla e sei fuori di
te?". Essi piangevano amaramente: Tamiri per la donna perduta, Teoclia per
la perdita della figlia, le serve per la perdita della padrona. In quella casa
grande era dunque la confusione e l'amarezza. Durante tutto ciò, Tecla non si
voltò, ma seguitava ad essere attratta dalla parola di Paolo.
[11]
Tamiri, nel mentre, era uscito per la strada e osservava quanti entravano e
uscivano da Paolo. Vide due uomini che lottavano acerbamente tra di loro e disse
a essi: "Uomini, ditemi chi siete e chi è quel seduttore, là dentro,
presso di voi, ingannatore di giovani e di vergini affinché non si sposino, ma
restino come sono. Prometto di darvi molto denaro purché mi parliate di lui.
Io, infatti, sono il primo della città".
[12]
Demas ed Ermogene gli risposero: "Chi sia costui, non lo sappiamo. E' certo
che allontana i giovani dalle donne e le vergini dagli uomini, dicendo: "Se
non vi conserverete puri e lungi dal contaminare la vostra carne, se non la
manterrete casta, non vi sarà per voi alcuna risurrezione".
[13]
Tamiri disse loro: "Venite, uomini, a casa mia e ristoratevi con me!".
Andarono così a un ricchissimo banchetto con molto vino, una quantità di
dovizie e una splendida tavola. Pieno di passione per Tecla, che egli amava e
voleva sposare, li fece bere, e mentre mangiavano Tamiri domandò loro:
"Ditemi, uomini, qual è la sua dottrina, affinché anch'io la conosca. Non
piccola è infatti la mia angoscia per Tecla a causa del suo amore per questo
straniero, ond'io rischio di essere privato del matrimonio".
[14]
Demas ed Ermogene risposero: "Conducilo davanti al governatore Castelio,
sotto l'accusa che egli seduce la gente con il nuovo insegnamento dei cristiani
e tu avrai Tecla in moglie. Noi ti insegniamo la risurrezione, che egli
preannuncia: essa si è già avverata nei nostri figli e noi risorgiamo mediante
la conoscenza del vero Dio".
[15]
Dopo aver udito ciò, Tamiri fu pieno di gelosia e di collera. E fattosi giorno,
andò in casa di Onesiforo con arconti, funzionari e una numerosa folla di
popolani armata di bastoni e disse a Paolo: "Hai rovinato la città di
Iconio e la mia promessa sposa, tanto che ella non mi vuole più: orsù, andiamo
dal governatore Castelio!". Tutta la folla gridava: "Fa' fuori il
mago! Ha rovinato infatti tutte le nostre donne!". E tutta la gente era
d'accordo con lui.
[16]
Paolo davanti al proconsole. Tamiri, giunto davanti al tribunale prese a gridare
a gran voce: "Proconsole, non sappiamo donde viene costui, che induce le
vergini a non sposarsi. Esponga ora davanti a te il motivo per cui insegna
queste cose". Demas ed Ermogene dissero a Tamiri: "Dì che è
cristiano e così lo rovinerai". Ma il governatore seguì il proprio
consiglio, e chiamato a sé Paolo, gli domandò: "Chi sei tu? Che cosa
insegni? Non è infatti leggera l'accusa che adducono contro di te".
[17]
Paolo alzò la voce e rispose: "Poiché oggi debbo rendere ragione di ciò
che insegno, ascolta, governatore! Il Dio vivo, il Dio della vendetta, il Dio
geloso, il Dio che non ha bisogno di nulla e desidera la salvezza degli uomini,
mi ha mandato affinché io li strappi dalla perdizione e dalla contaminazione,
dal piacere e dalla morte, affinché più non pecchino. Per questo Dio ha
mandato il suo proprio Figlio, che è appunto colui che io predico, ad insegnare
agli uomini la speranza in lui, che fu il solo ad avere pietà del mondo
traviato, affinché gli uomini non siano più sotto la condanna, abbiano invece
la fede e il timore di Dio, conoscano la santità e amino la verità. Se dunque
insegno ciò che mi è stato rivelato da Dio, in che cosa sono ingiusto,
proconsole?". Il governatore, udito ciò, ordinò che Paolo fosse
incatenato e condotto in prigione, per poterlo ascoltare fino a fondo a tempo
opportuno.
[18]
Tecla in prigione da Paolo. Nella notte Tecla si tolse i braccialetti, li diede
al custode, il quale le aprì la porta di ingresso alla prigione; offrì al
carceriere uno specchio d'argento ed entrò da Paolo: sedutasi ai suoi piedi
ascoltava le grandezze di Dio. Paolo non temeva nulla e si comportava con la
franchezza di Dio. Baciando le sue catene, la fede di lei aumentava.
[19]
I suoi parenti e Tamiri non trovando Tecla e, pensando che si fosse perduta, la
cercavano per le strade, quando uno schiavo, compagno del custode rivelò che
era uscita durante la notte. Interrogarono allora il custode il quale manifestò
loro che era andata a trovare il prigioniero in carcere. Essi seguirono questa
indicazione e la trovarono incatenata, per così dire, dall'amore.
[20]
Questi ordinò di condurre Paolo davanti al tribunale. Frattanto Tecla si
raggomitolava nel luogo ove Paolo, seduto nella prigione, l'ammaestrava. Il
governatore ordinò che fosse condotta anche lei davanti al tribunale: ed ella
partì felice, piena di gioia. Mentre Paolo era condotto per la seconda volta,
la folla gridava ancora più forte: "E' un mago! Toglilo di mezzo!".
Tuttavia il governatore ascoltava con piacere Paolo che parlava delle opere
sante. In seguito, dopo aver radunato il suo consiglio, fece chiamare Tecla e le
disse: "Perché non ti sposi con Tamiri, secondo la legge dei cittadini di
Iconio?". Ma lei teneva gli occhi fissi su Paolo. Siccome non rispondeva,
sua madre Teoclia esclamò: "Brucia questa iniqua! Brucia questa nemica del
matrimonio in mezzo al teatro, affinché tutte le donne, ammaestrate da costui,
ne abbiano spavento".
[21]
Tecla condannata al rogo. Il governatore pur soffrendone violentemente, fece
flagellare Paolo, lo scacciò dalla città e condannò Tecla a essere bruciata.
Poi il governatore si alzò subito e andò al teatro; anche tutta la folla era
andata a contemplare lo spettacolo. Ma, come un agnello nel deserto alza lo
sguardo verso il pastore, così Tecla cercava Paolo; e rimirando tra la folla,
vide il Signore seduto, nelle sembianze di Paolo, e disse: "Quasi che io
fossi incapace di resistere, Paolo è venuto a osservarmi!". E mentre lei
era tutta protesa verso di lui, egli salì in cielo.
[22]
Nel mentre, i giovani e le vergini portavano legna e paglia per bruciare Tecla;
ma quando lei fu introdotta nuda, il governatore scoppiò in lacrime, stupito
dalla sua forza. Gli aguzzini sistemarono la legna e le ordinarono di salire sul
rogo. Lei si mise in forma di croce, salì ed essi vi appiccarono il fuoco. Ma,
nonostante divampasse una grande fiamma, il fuoco non la toccò: Dio infatti,
commosso, causò un fragore sotterraneo, mentre, dall'alto, una nube carica di
pioggia e di grandine oscurò il teatro e vi rovesciò tutto il suo contenuto.
Molti si trovarono in gran pericolo e perirono, mentre il fuoco si spense e
Tecla fu salva.
[23]
Tecla ancora da Paolo. Paolo, e con lui Onesiforo, sua moglie e i figli
digiunavano in un sepolcro aperto lungo la strada che va da Iconio a Dafne. Dopo
essere rimasti alcuni giorni digiuni, i ragazzi dissero a Paolo: "Abbiamo
fame". Ma non avevano nulla per comprare il pane; Onesiforo infatti, con
tutta la sua famiglia, aveva abbandonato le cose del mondo per seguire Paolo.
Paolo allora si tolse il mantello e disse: "Su, figlio, va', compra
parecchi pani e portali". Mentre il ragazzo comperava, vide Tecla, la sua
vicina; si stupì e le disse: "Tecla, dove vai?". Lei rispose:
"Salvata dal fuoco, cerco Paolo". E il ragazzo a lei: "Vieni, ti
conduco da lui. Egli infatti è angosciato per te, prega e digiuna ormai da sei
giorni".
[24]
Giunta al sepolcro, mentre Paolo pregava inginocchiato: "Padre di Cristo,
che il fuoco non tocchi Tecla! Assistila, perché è tua", in piedi, dietro
di lui, gridò: "Padre, che hai fatto il cielo e la terra, Padre di Gesù
Cristo, tuo Figlio diletto, ti benedico di avermi salvata dal fuoco affinché
potessi vedere Paolo".
[25]
Dentro il sepolcro molto era l'amore: Paolo, Onesiforo e tutti erano pieni di
gioia. Avevano cinque pani, legumi, acqua e sale, e si rallegravano delle opere
sante di Cristo.
[26]
Tecla condannata alle fiere. Paolo inviò Onesiforo e tutta la sua famiglia a
Iconio e, presa con sé Tecla, andò in Antiochia.
[27]
Ma egli, sia perché era innamorato, sia perché aveva subito l'onta di quanto
era accaduto, la trasse dal governatore. Lei confessò ogni cosa ed egli la
condannò alle fiere.
[28]
Quando furono fatte sfilare le bestie, Tecla fu legata a una feroce leonessa; la
regina Trifena l'accompagnava. La leonessa però leccò i piedi di Tecla che era
seduta su di essa, mentre tutta la folla era fuori di sé. Il motivo della
condanna era su di un'iscrizione: "Rea di sacrilegio".
[29]
Dopo la sfilata, Trifena l'accolse dunque, sia perché era addolorata che il
giorno appresso dovesse combattere con le fiere, sia perché l'amava molto come
la figlia Falconilla, e le disse: "Tecla, mia seconda figlia, vieni, prega
per mia figlia affinché viva nell'eternità. Questo infatti è quanto ho visto
in sogno".
[30]
Al sorgere del giorno, Alessandro venne a prelevarla Ä era lui infatti che
offriva i giochi al circo Ä dicendo: "Il governatore è seduto e il popolo
tumultua contro di noi, dammi la condannata alle fiere, affinché la conduca
via". Ma Trifena si mise a gridare tanto da farlo fuggire; diceva: "Il
lutto per la mia Falconilla si abbatte per la seconda volta sulla mia casa! Non
c'è alcuno che mi aiuti! Non un figlio, essendo lei morta, non un parente,
essendo io vedova. Il Dio di mia figlia Tecla, soccorra Tecla!".
[31]
Il governatore però mandò soldati a prendere Tecla. Trifena tuttavia non
l'abbandonò. La prese per mano e la condusse, dicendo: "Ho condotto alla
tomba mia figlia Falconilla, e conduco te, Tecla, a combattere contro le
fiere"
[32]
Si udì un tumulto, le fiere ruggivano, il popolo e le donne sedute insieme
gridavano, l'uno: "Fate entrare la sacrilega!", le altre invece:
"Perisca la città a causa di questa iniquità! Uccidi tutte noi
proconsole! E' uno spettacolo atroce, una sentenza malvagia!".
[33]
Tecla, tolta dalle mani di Trifena, fu spogliata e, rivestita di una corta
sottana, fu gettata nello stadio, lanciando contro di lei leoni e orsi. Allora
una feroce leonessa andò a gettarsi ai suoi piedi, mentre la folla delle donne
lanciava alte grida. Un'orsa si lanciò contro di lei, ma la leonessa si
precipitò contro l'orsa e la sbranò.
[34]
Introdussero allora molte fiere, ma lei stava sempre in piedi con le mani stese
in preghiera. Ma quand'ebbe finito la preghiera, si voltò, vide una grande
fossa piena d'acqua e disse: "Ora è tempo ch'io mi lavi"; e vi si
gettò dentro con le parole: "Nel nome di Gesù Cristo io mi battezzo
nell'ultimo giorno". A questa vista le donne e tutta la moltitudine
esclamarono: "Non ti gettare nell'acqua!". Tanto che anche il
governatore versava lacrime al pensiero che tanta bellezza fosse divorata dalle
foche.
[35]
Quando furono lanciate fiere ancora più feroci, le donne ripresero a urlare:
alcune gettarono foglie, altre nardo, altre cassia ed altre balsamo, sicché si
formò una grande varietà di profumi, e le fiere lanciate, quasi attanagliate
dal sonno, non la toccarono.
[36]
In piedi, all'ingresso dell'arena, a quella vista, Trifena svenne tanto che le
ancelle che l'accompagnavano dissero: "La regina Trifena è morta". Il
governatore allora intimò la fine e tutta la città rimase nell'angoscia.
Alessandro cadde ai piedi del governatore e disse: "Abbi pietà di me e
della città! Libera la condannata alle fiere, affinché non perisca anche la
città. Se Cesare, infatti, avrà notizia di queste cose, subito manderà in
rovina noi e la città, essendo morta all'ingresso dell'arena la regina Trifena,
sua parente".
[37]
Il governatore allora chiamò di mezzo alle fiere Tecla e le disse: "Chi
sei tu? E che cosa hai attorno a te, che neppure una fiera ti ha toccato?".
Lei rispose: "Sono un'ancella del Dio vivo. Quanto è attorno a me è
l'aver io creduto nel Figlio, oggetto della compiacenza divina: per mezzo suo
neppure una delle fiere mi ha toccata. Lui solo infatti è la via della salvezza
e la base della vita immortale. Egli è il rifugio di coloro che sono sbattuti
dalla tempesta, il ristoro dei tribolati, il riparo dei disperati. In una
parola: chi in lui non crede, non vivrà, ma morrà per l'eternità".
[38]
Udito ciò, il governatore ordinò che fossero portati dei vestiti e le disse:
"Indossa questi abiti". Lei rispose: "Colui che mi ha vestito
quando ero nuda in mezzo alle fiere, costui mi rivestirà con la salvezza nel
giorno del giudizio". Prese gli abiti e li indossò.
[39]
Informata della lieta notizia, Trifena le andò incontro con una folla, abbracciò
Tecla e disse: "Ora credo che i morti risorgono! Ora credo che mia figlia
vive! Entra da me e ti faccio erede di tutte le mie sostanze".
[40]
Tecla a Mira da Paolo. Ma Tecla desiderava ardentemente Paolo. Lo cercava
inviando persone ovunque, e le fu riferito che era a Mira. Prese allora con sé
dei giovani e delle giovani, si cinse i fianchi, cucì la tunica trasformandola
in un mantello secondo la foggia degli uomini, e andò a Mira ove trovò Paolo
che predicava la parola di Dio e gli si avvicinò.
[41]
Presala per mano, Paolo la condusse in casa di Ermia: udì da lei ogni cosa e ne
fu molto stupito. I presenti ne furono corroborati e pregarono per Trifena. Poi
Tecla si alzò e disse a Paolo: "Vado a Iconio". Paolo le rispose:
"Va' e insegna la parola di Dio".
[42]
Tecla dalla madre. Essa dunque andò a Iconio ed entrata in casa di Onesiforo,
si gettò a terra, là ove Paolo soleva sedere insegnando le parole di Dio, e
pianse dicendo: "Mio Dio, e Dio di questa casa ove brillò per me la luce,
Gesù Cristo, Figlio di Dio, mio aiuto nella prigione, aiuto davanti ai
governatori, aiuto nel fuoco, aiuto tra le fiere! Tu sei Dio, a te la gloria per
l'eternità. Amen".
[43]
Trovò che Tamiri era morto, ma sua madre viveva ancora: la fece chiamare e le
disse: "Teoclia, madre mia, puoi tu credere che il Signore vive nei cieli?
Se tu desideri ricchezze, il Signore te le darà per mezzo mio, se desideri la
tua figlia, eccomi presso di te". Resa questa testimonianza, partì per
Seleucia e, dopo aver illuminato molti per mezzo della parola di Dio, si
addormentò in un dolce sonno.
FINALI
DIVERSI
Dai
Codici ABC
[43
bis] (come sopra fino a: presso di te). Resa questa testimonianza, partì per
Seleucia e dimorò in una caverna per 72 anni seguendo una dieta vegetariana,
bevendo acqua, e illuminando molti con la parola di Dio.
[44]
Alcuni della città, di religione greca e di professione medica, mandarono da
lei dei giovani corrotti per corromperla; dicevano, infatti, che era una vergine
al servizio di Artemide e per questa ragione aveva il potere di guarire. Ma per
opera della provvidenza divina entrò viva in una roccia e s'inoltrò sotterra
giungendo fino a Roma per contemplare Paolo; ma lo trovò morto.
Dal
Cod. G
Lei
rese questa e altre testimonianze ed esortava sua madre, ma questa non volle
credere a quanto le diceva la martire Tecla. Visto che non riusciva a nulla,
Tecla segnò tutto il suo corpo con il segno della croce, uscì dalla porta e si
recò a Dafne.
Entrata
nella tomba ove era stato trovato Paolo con Onesiforo, vi si prostrò e scoppiò
in lacrime davanti a Dio. Poi uscì e si recò a Seleucia condotta da una nube
luminosa. Entrata in Seleucia, se ne allontanò, se ne scostò per lo spazio di
uno stadio, temendone gli abitanti essendo adoratori degli idoli.
La
sua guida si fermò sul monte Calamone e Rodeone: quivi trovò una grotta, vi si
ritirò e rimase molti anni. Da parte del diavolo subì molte e dolorose prove,
sopportate nobilmente con il soccorso di Cristo.
Alcune
donne nobili, avendo sentito parlare della vergine Tecla, andarono da lei e
impararono le parole di Dio; molte di esse abbandonarono il mondo e praticarono
con lei la virtù. Ovunque si sparse la sua fama, e per mezzo suo si operarono
ovunque miracoli. Venutane a conoscenza tutta la città e i dintorni, portavano
i loro malati sulla montagna, e prima ancora che si avvicinassero alla porta
venivano guariti, qualunque fosse la loro malattia, e gli spiriti impuri
uscivano gridando: tutti riacquistavano la salute del corpo, glorificando Dio
che aveva dato una tale grazia alla vergine Tecla.
E
in tal modo i medici di Seleucia erano considerati buoni a nulla: persero i loro
clienti e nessuno prestava più attenzione a loro. Pieni d'invidia e gelosia,
escogitarono inganni contro la serva di Dio, e il diavolo suggerì loro un piano
perverso.
Un
giorno tennero consiglio e discussero insieme, affermando: "Questa vergine
è consacrata alla grande dea Artemide; qualsiasi cosa le chieda lei l'ascolta
perché è vergine ed è amata da tutti gli dèi. Prendiamo uomini disonesti,
ubriachiamoli con molto vino, diamo loro molto oro, dicendo: "Se potete
corromperla e contaminarla, vi daremo ancora molto denaro". I medici
pensavano: se riusciranno a corromperla, non l'ascolteranno più, per i malati,
né gli dèi, né Artemide.
Eseguirono
dunque il loro progetto. Uomini disonesti andarono sul monte e, postisi
all'ingresso della caverna, simili a leoni, bussarono alla porta. La santa
martire Tecla aprì fiduciosa nel Dio nel quale credeva, pur essendo già a
conoscenza del loro criminale progetto; disse loro: "Che volete,
figli?". Risposero: "E' qui quella che si chiama Tecla?". Lei
rispose: "Perché la volete?". Essi risposero: "Vogliamo
coricarci con lei". La beata Tecla rispose: "Io sono una povera
vecchia, serva del mio Signore Gesù Cristo. Anche se volete farmi del male, non
ci riuscirete". Risposero: "Non è possibile che non riusciamo a fare
di te ciò che vogliamo". Così dicendo s'impadronirono di lei con la forza
e cercarono di violentarla. Ma lei disse loro con dolcezza: "Aspettate,
figli, e vedrete la gloria del Signore". Afferrata da essi, lei guardò
verso il cielo e disse: "Dio terribile, incomparabile e glorioso di fronte
ai tuoi nemici, tu che mi hai scampato dal fuoco, non mi hai abbandonato a
Tamiri, non mi hai abbandonato ad Alessandro, mi hai strappato dalle belve, mi
hai salvato dalla fossa, tu che ovunque mi hai soccorso ed hai glorificato in me
il tuo nome, strappami anche adesso da questi uomini empi! Non permettere che
violentino la mia verginità, conservata fino a oggi per il tuo nome perché ti
amo, ti desidero, mi prostro davanti a te, Padre, Figlio e Spirito santo, per
sempre, Amen".
Dal
cielo s'udì una voce: "Tecla, mia serva verace, non temere perché io sono
con te. Guarda! Vedi il luogo aperto davanti a te. Là troverai una casa
perpetua, là sarai soccorsa". La beata Tecla, tutta intenta, vide la
pietra aprirsi come per una persona e fece come le era stato detto. Sfuggendo
abilmente a quegli uomini disonesti, entrò nella roccia, che subito si chiuse
non lasciando apparire neppure una fessura.
Alla
vista di questo strano prodigio, restarono fuori di sé e non ebbero la forza di
impadronirsi della serva di Dio. Riuscirono soltanto ad afferrare il suo velo,
strappandone un pezzo. E ciò per concessione di Dio per corroborare la fede dei
visitatori di questo luogo venerabile e per la benedizione delle generazioni
future, di coloro che con cuore puro credono nel Signore nostro Gesù Cristo.
Dunque,
Tecla di Iconio, protomartire, apostola e vergine di Dio, patì all'età di 18
anni; dopo la peregrinazione, il viaggio e l'esercizio della virtù sul monte,
visse ancora 72 anni; quando il Signore la riprese, aveva 90 anni: questa fu la
sua fine.
La
sua santa memoria si fa il 24 settembre, a gloria del Padre, del Figlio e dello
Spirito santo ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
2.
PAPIRO COPTO DI HEIDELBERG
[1]
Paolo a Mira (pp. 28Ä35). Quando Paolo insegnava a Mira la parola di Dio, c'era
un uomo, di nome Ermocrate, che aveva la idropisia. Fattosi avanti alla presenza
di tutti, disse a Paolo: "Nulla è impossibile a Dio, ma specialmente a
quello che tu annunzi, giacché appena giunse, questo Dio, di cui tu sei
ministro, guarì un gran numero di malati.
[2]
Vedi, io, mia moglie e i miei figli ci gettiamo ai tuoi piedi... affinché creda
anch'io al Dio vivo come hai creduto tu".
...Saputo
che Dione era morto, sua madre Ninfa, stracciò le proprie vesti, andò da Paolo
e si pose davanti a suo marito Ermocrate e a Paolo. Alla sua vista, questi si
spaventò e le domandò: "Perché in questo stato, Ninfa?". Lei
rispose: "Dione è morto!". Solo al vederla tutta la folla piangeva.
Paolo, alla vista della folla rattristata, mandò dei giovani dicendo loro:
"Andate e portatelo qui da me". Essi andarono; ma Ermippo afferrò per
strada il corpo di Dione e gridò...
Manca
un foglio.
[4]...Un
angelo del Signore, durante la notte, gli disse: "Paolo, il tuo corpo oggi
sosterrà una grande lotta, ma Dio, Padre del suo Figlio Gesù Cristo, sosterrà
te". Al suo risveglio, Paolo andò dai suoi fratelli, restò con essi.
Diceva loro: "Qual è il significato di questa visione?".
[5]
Allorché Ermippo volse la sua spada contro Paolo, subito perdette la vista e si
mise a gridare ad alta voce: "Cari compagni, non dimenticatevi di Ermippo!
Ho peccato, Paolo, perseguitando il sangue di un giusto. Dotti e ignoranti,
sappiate che il mondo è nulla, l'oro è nulla e nulla è il denaro! Io, che una
volta mi saziavo di ogni bene, oggi non sono che un mendicante e dico a voi
tutti: "Ascoltate tutti, miei cari compagni, e voi, abitanti di Mira. Ho
disprezzato un uomo che ha guarito mio padre, ho disprezzato un uomo che ha
risuscitato mio fratello... Pregate per me, perché colui che ha salvato mio
padre e risuscitato mio fratello, può salvare anche me"".
[6]
C'era là una grande folla ed entrava molta gente... Ermippo supplicava tutti
quelli che entravano di avere pietà di lui e di pregare Paolo affinché lo
guarisse... Quelli che entrarono videro Ermocrate e Ninfa che, felici per la
risurrezione di Dione, portavano in ringraziamento del frumento e del denaro per
le vedove; videro anche Ermippo, loro figlio... e come afferrava i piedi di
tutti, così afferrò pure i piedi dei suoi genitori supplicandoli, come se
fossero degli estranei, di fargli restituire la salute. I suoi genitori furono
costernati e si lamentavano con tutti quelli che arrivavano, tanto che alcuni
dicevano: "Perché piangono? Il loro figlio è risuscitato!...".
"...Affinché
vostro figlio Ermippo veda e desista dal dolore colui che è stato nemico di
Cristo e del suo servo". Allora quelli che erano con Paolo pregavano Dio,
ed Ermippo riebbe la vista; rivoltosi a sua madre Ninfa, le disse: "Paolo
è venuto, ha steso su di me piangente la sua mano e subito vidi chiaramente
tutte le cose". Sua madre lo prese per mano e lo condusse dove erano le
vedove e Paolo. Ma Paolo piangeva amaramente, mentre Ermippo ringraziava dicendo
loro: "Chiunque crede...".
E'
probabile che manchi un foglio; la prima parte del testo seguente è
particolarmente incerta.
...Concordia
e pace... Confermati i fratelli di Mira, Paolo partì per Sidone.
[7]
Paolo a Sidone (pp. 35Ä39). Quando egli partì da Mira, si diresse verso Sidone.
Quando
Paolo partì da Mira e si diresse verso Sidone i fratelli di Pisidia e Panfilia,
desiderosi della sua parola e del suo santo aspetto in Cristo, furono assaliti
da una grande tristezza, tanto che alcuni da Perge seguirono Paolo, e cioè
Trasimaco e Cleone, con le loro mogli Alina e Crisa, moglie di Cleone. Lungo il
cammino provvedevano al sostentamento di Paolo. E mentre mangiavano sotto un
albero ed egli era in procinto di dire l'amen, vennero... fratelli... idolo...
mensa dei demoni... egli perciò morì, sarà invece manifesto ognuno che crede
in Gesù Cristo che ci ha salvato da ogni contaminazione, da ogni impurità e da
ogni pensiero perverso.
[8]
"...Come uomini stranieri. Perché osate voi compiere cose che non vi si
addicono? Non avete udito ciò che è accaduto, ciò che Dio ha compiuto contro
Sodoma e Gomorra perché sottraevano... come stranieri e come donne? Dio non
fece... ma li gettò nell'infero. Noi non siamo uomini di quel genere che voi
pensate, ma siamo predicatori del Dio vivo e del suo prediletto. Affinché
tuttavia voi non vi meravigliate, dovete comprendere... i miracoli
testimoniano...".
[9]
Quando Paolo si gettò a terra con i fratelli Trasimaco e Cleone, il tempio
crollò... e tutti coloro che erano nel tempio, i magistrati... e gli altri...
crollò... spaccato in due. Quando essi giunsero e videro quanto era accaduto
furono stupefatti che... e che... e alzarono le voci dicendo: "Queste sono
veramente opere da uomini aventi un Dio potente!". E si allontanarono ad
annunziare nella città: "E' crollato Apollo, il dio dei Sidoni e metà del
suo tempio!". Gli abitanti della città corsero tutti al tempio e videro
Paolo e quelli che erano con lui piangenti per la prova subita e per essere
divenuti uno spettacolo per tutti. Intanto la moltitudine gridava:
"Portateli nel teatro!". I magistrati andarono a prenderli mentre essi
piangevano amaramente con un cuore solo...
Manca
un foglio.
...ma
la moltitudine... seguì Paolo gridando: "Sia lode a Dio... che ci ha
mandato Paolo... affinché noi non siamo... di morte". Ma Teude... e
pregava prostrato davanti a Paolo e abbracciava i suoi piedi chiedendo il
sigillo del Signore.
Ma
egli ordinò loro di andare a Tiro... in salute (?) e posero Paolo su di una
nave (?) e andarono con lui.
Quando
egli partì da Sidone, si diresse verso Tiro.
[10]
Paolo a Tiro, (a Efeso, a Filippi) e a Corinto (pp. 40Ä501.
Quando
Paolo entrò in Tiro, gli andò incontro una moltitudine di Ebrei;...Questi... e
udite le grandi gesta... Stupirono... Anfione... dicendo... in... Crisippo...
demonio con lui... molti... Quando giunse Paolo... disse: "Egli... Dio e
non ci sarà più in Anfione uno spirito (?) cattivo... per mezzo dello spirito
cattivo... senza che alcuno avesse...". Lei gli disse: "Salvami dalla
morte!". E mentre la moltitudine... sorse un altro spirito cattivo... Ed
immediatamente i demoni fuggirono. A questa vista la moltitudine, colpita dalla
potenza di Dio lo glorificò per aver egli dato un tale potere a Paolo.
C'era
là uno di nome... rimus che aveva un figlio nato muto...
...L'uomo
non è giustificato dalla legge, ma dalle opere di giustizia... Tu ti trovi di
fronte a Gerusalemme, ma io confido nel Signore...
[11]...Ed
egli fece sapere che chiunque avesse gettato giù Frontina, avrebbe gettato giù
con lei anche lo stesso Paolo. Allorché Paolo seppe queste cose seguitò a
lavorare per due giorni digiunando, con grande gioia, con i prigionieri. Essi
ordinarono che nel terzo giorno gli uomini... conducessero Frontina: e tutta la
città la seguì. Firmilla e Longino innalzavano lamenti, mentre i soldati... Ma
i prigionieri portarono il feretro e, quando Paolo vide il grande cordoglio per
la figlia e otto...
...Paolo
vivo con la figlia e, allorché Paolo prese la figlia sulle sue braccia, sospirò
verso il Signore Gesù Cristo a causa del dolore di Firmilla, si gettò in
ginocchio nel fango... pregando per Frontina con lei in una sola preghiera. Poi
Frontina si alzò e tutta la moltitudine fuggì spaventata. Paolo prese la
figlia per mano e, attraverso la città, la condusse in casa di Longino. Tutta
la moltitudine, allora, esclamò con una sola voce: "Vi è un solo Dio, che
ha creato il cielo e la terra e ha reso la vita alla sorella per la preghiera di
Paolo"...e lo ringraziò...
Quando
egli partì da... si diresse a...
Quando
Paolo giunse a... entrò in casa di... e grande fu la gioia dei fratelli e di
tutti...
[12]...1
Corinzi erano in grande costernazione a proposito di Paolo, temendo che egli
lasciasse il mondo prima del tempo. A Corinto, infatti, erano giunti certuni,
Simone e Cleobio, i quali affermavano: "Non c'è alcuna risurrezione della
carne, ma soltanto quella dello spirito. Il corpo dell'uomo non è opera di Dio.
Il
mondo non è stato creato da Dio e Dio non conosce il mondo. Gesù Cristo non è
stato realmente crocifisso, ma soltanto in apparenza; egli non è nato da Maria
né dalla stirpe di David".
Costoro,
in una parola, avevano impartito ai Corinzi molti insegnamenti ingannando se
stessi e un grande numero di persone. Perciò, quando i Corinzi seppero che
Paolo si trovava a Filippi, per mezzo di Tretto e di Eutichio gli inviarono una
lettera in Macedonia. La lettera era di questo tenore.
Il
papiro segue con la corrispondenza tra i cristiani di Corinto e Paolo che ho
riportato nel vol. III (p. 83 e pp. 98 ss.), collezionate con altri mss.: vedi
Introduzione..
[13]
Altri frammenti del Papiro di Heidelberg.
..."La
grazia del Signore camminerà con me affinché io porti a termine con
perseveranza tutto il compito che mi affiderà". Ma essi erano desolati e
digiunavano. Allora Cleobio preso dallo Spirito disse loro: "Fratelli, il
Signore farà compiere a Paolo tutta la missione. Poi li farà salire a... Di là,
dopo aver molto lavorato, insegnando e seminando la parola, tanto che sarà
oggetto di invidia, egli lascerà questo mondo". Quando i fratelli e Paolo
udirono ciò, innalzarono le loro voci esclamando...
...Lo
Spirito venne su Mirte, il quale disse loro: "Fratelli, perché siete
spaventati nel vedere questo segno? Paolo, infatti, servo del Signore salverà
molti a Roma, tanto che saranno innumerevoli ed egli si farà notare più di
tutti i fedeli. Perciò la gloria del Signore Gesù Cristo scenderà con potenza
su di lui e grande sarà la grazia a Roma". Così lo Spirito parlò a
Mirte. Ciascuno prese del pane e furono pieni di gioia secondo la
consuetudine... al canto dei salmi di David e di inni: e Paolo gioiva...
Questo
testo rappresenta, probabilmente, la finale del Papiro di Heidelberg, martirio
compreso (cfr. C. SCHMIDT, op. cit., 79Ä80).
[14]...le
opere... si meravigliarono grandemente e meditano in cuor loro. Egli domandò
loro: "Perché vi meravigliate ch'io faccia risorgere i morti, camminare
gli zoppi, ch'io purifichi i lebbrosi, rialzi i malati, guarisca i paralitici e
gli indemoniati, od ancora ch'io abbia diviso pochi pani e saziato molti, ch'io
abbia camminato sul mare e comandato ai venti? Se voi credete questo e ne siete
convinti, allora voi siete grandi. Infatti, in verità vi dico: se dite a questo
monte: "Levati e gettati in mare" senza nutrire alcun dubbio nella
vostra anima, questo avverrà...". Uno di loro, che era convinto e il cui
nome era Simone, disse: "Le opere che tu compi, signore, sono veramente
grandi! Mai infatti noi abbiamo udito, né visto che uno abbia risuscitato dei
morti all'infuori di te". Il Signore gli rispose: "Domanderete le
opere ch'io stesso compirò... Ma le altre opere le compirò subito. Poiché
queste le compio per una salvezza momentanea, nel tempo in cui essi si trovano
in questi luoghi, affinché essi credano a colui che mi ha mandato". Simone
gli disse: "Signore, ordinami di parlare". Egli gli disse:
"Parla, Pietro!" Da quel giorno, infatti, egli li chiamò per nome.
Egli disse: "Qual è dunque l'opera più grande di queste, della
risurrezione dei morti e del nutrimento di una tale moltitudine?". Il
Signore gli rispose: "C'è qualcosa più grande di questo? Beati coloro che
hanno creduto con tutto il cuore". Ma Filippo alzò la sua voce con ira,
dicendo: "Che cos'è questo che tu ci vuoi insegnare?". Egli allora
replicò: "Tu...".
3.
PAPIRO GRECO DI AMBURGO
[1]
Paolo a Efeso (dal Pap. copto Bodmer). Ciò detto, Paolo lasciò Smirne diretto
a Efeso. Qui entrò in casa di Aquila e Priscilla, pieno di gioia per poter
vedere i fratelli che egli, Paolo, aveva così cari. Anche questi ne furono
lieti: s'alzarono e lo pregarono di essere ritenuti degni che Paolo mettesse
piede in casa loro. Ne nacque così giubilo e gioia grande. Passarono la notte
vegliando nella preghiera e indagando la volontà di Dio per infondere coraggio
nel loro cuore: pregando tutti unanimi, allo stesso modo.
[2]
A motivo della Pentecoste, Paolo non poteva essere triste, trattandosi di una
festa per coloro che credono in Cristo, siano essi catecumeni o fedeli: c'era
dunque una grande gioia, segni di allegria e di amore, risuonavano salmi e lodi
a Cristo per rincuorare gli ascoltatori.
Paolo
disse:
"Uomini
e fratelli! Udite quanto mi è accaduto a Damasco, nel periodo in cui io
perseguitavo la fede in Dio. Dal Padre discese su di me lo Spirito e mi ha
evangelizzato la buona novella (vangelo) annunziandomi il Figlio affinché io
vivessi in lui: ed invero non c'è vita, all'infuori di quella che è in Cristo.
Entrai in una grande chiesa, accanto al beato Giuda, fratello del Signore, che
fin dall'inizio mi aveva instillato il sublime amore della fede. Accanto al
beato profeta, condussi una vita di grazia, impegnandomi a scoprire Cristo,
generato prima di tutti i tempi. Mentre egli mi evangelizzava, io mi rallegravo
nel Signore, nutrito dalle sue parole. Quando ne ebbi la capacità, fui reputato
degno di parlare. Per invito di Giuda, parlai ai fratelli e mi attirai l'amore
di quelli che mi ascoltavano.
[3]
Quando giunse la sera, io partii accompagnato con amore dalla vedova Lemma e da
sua figlia Ammia. Nella notte percorremmo un buon tratto di strada per giungere
a Gerico delle palme. All'alba, Lemma e Ammia erano ancora con me... amore, mi
volevano così bene che non si allontanavano mai da me.
[4]
Dopo avere pregato con queste parole, presi il leone per la criniera e lo
immersi tre volte nel nome di Gesù Cristo. Quando risalì dall'acqua, scosse
bene la sua criniera e mi disse: "La grazia sia con te!". Io gli
risposi: "Pure con te!". Il leone corse poi per la campagna pieno di
gioia; questo, in realtà, me lo manifestò il cuore: lo incontrò una leonessa,
ma egli non le voltò il suo sguardo, e invece di seguirla se ne fuggì. Anche
voi, Aquila e Priscilla, credete nel Dio vivo e predicate ciò che avete
udito...".
(Segue
il Pap. Bodmer)
Paolo
rispose: "Governatore, fa' ciò che vuoi! Il Signore infatti ti ha dato il
potere di distruggere il mio corpo, ma non di fare morire la mia anima. Ascolti,
ora, chiunque vorrà accogliere in cuor suo le mie parole: Colui che per l'uomo
ha creato il cielo e la terra, colui che ha creato il sole e la luna, le stelle
e la potestà, il mondo con tutta la bellezza e tutti i beni che sono nel mondo,
non ha respinto l'uomo, sua creatura; e allorché egli fu preso dal tormento e
dall'errore, allorché fu pervertito dal desiderio dell'oro, dell'argento e
delle pietre preziose, scaturirono allora la lussuria, l'adulterio,
l'ubriachezza con i piaceri e i sogni notturni che inducono al male, a causa
delle cose sopra menzionate, (gli uomini) attirarono su se stessi la morte.
A
motivo dell'errore che si trova nel mondo, Dio vuole che essi vivano nella pietà
affinché noi non moriamo nei peccati e siano (tutti) salvati da coloro che
predicano schiettamente la parola affinché facciate penitenza e crediate che c'è
un solo Gesù Cristo e che non ve ne sono altri. I vostri dèi vani sono di
pietra e di legno, non possono mangiare, né vedere, né udire, né stare in
piedi. Scegliete dunque con sana intelligenza affinché siate salvi e il Signore
non si irriti, vi faccia bruciare in un fuoco inestinguibile e perisca di voi
anche il ricordo".
(Fine
del Pap. copto Bodmer).
(Inizio
del Pap. greco di Amburgo)
Paolo
gli rispose: "Fa' ciò che vuoi! Tu, infatti, non hai alcun potere su di
me, ad eccezione del mio corpo: la mia anima tu non potrai ucciderla. Ascolta
piuttosto come puoi essere salvato, e prendendo tutte le mie parole nel cuore...
Colui che ha formato il sole, la terra, gli astri, le dominazioni, le potenze e
tutti i beni che sono nel mondo per... degli uomini... sono fuorviati e
asserviti... dall'oro, dall'argento, dalle pietre preziose... dall'adulterio, e
dall'ubriachezza. E poiché si dilettarono nelle vie che conducono all'inganno,
a causa delle cose sopra menzionate, furono uccisi.
Or
dunque, a motivo dell'errore che si trova nel mondo, il Signore vuole che noi
viviamo in Dio per non morire nei peccati; egli salva per mezzo di uomini santi,
i quali predicano che si faccia penitenza, e si creda che c'è un solo Dio, un
solo Gesù Cristo, e nessun altro. I vostri dèi, infatti, di bronzo, di pietra
e di legno, non possono prendere cibo, né udire, né vedere, né stare in
piedi. Prendete perciò una buona decisione e sarete salvi! Dio così non si
adirerà e non vi consumerà in un fuoco inestinguibile, facendo perire di voi
anche il ricordo".
[1]
Paolo condannato alle fiere *. Allorché il governatore, nel teatro con la
folla, udì queste cose... rispose: "Uomini di Efeso, so che quest'uomo ha
parlato bene, ma so pure che... non è questo per voi il tempo per imparare tali
cose. Decidete dunque che cosa volete!". Alcuni dissero: "Sia bruciato
nel...". Ma gli orefici dicevano: "Gettatelo alle fiere".
[2]
Quando udì il rumore dei carri e il frastuono di coloro che tenevano le fiere,
Paolo, legato... non si lasciò distogliere, ma seguitò a pregare. Allorché un
leone si accostò alla porta laterale dello stadio ove era rinchiuso Paolo, mandò
un ruggito così forte, che tutto il popolo gridò: "Il leone!". Il
ruggito era così feroce e furibondo, che anche Paolo, dallo spavento, arrestò
la preghiera.
[3]
Quando seppe da Diofanto che le donne sedevano notte e giorno presso Paolo,
Gerolamo si irritò non poco con Artemilla e con la libertà Eubula.
[4] Mentre il giovane sorrideva nuovamente, la matrona,
rientrata in sé, tornò a casa allo spuntar del giorno. Entrato in carcere,
mentre le guardie erano ancora addormentate, spezzò il pane, accostò anche
dell'acqua, la abbeverò con la parola e la mandò da suo marito Gerolamo. Egli,
invece, rimase in preghiera
[5]
Paolo si accorse che questo era il leone che era venuto e si era fatto
battezzare. Spinto dalla fede, Paolo domandò: "Leone, sei tu quello che io
ho battezzato?". Il leone rispose: "Sì". Paolo gli domandò
nuovamente: "Come sei stato preso a caccia?". Il leone rispose con una
voce: "Come te, Paolo!".
[6]
Da Filippi a Corinto. Quando Paolo da Filippi giunse a Corinto a casa di
Epifanio, ci fu gioia: tutti i nostri si rallegravano e piangevano al racconto
di ciò che Paolo aveva passato a Filippi nelle case di lavoro e di ciò che gli
era capitato in ogni altro luogo; alla fine le sue lacrime fluirono... Tutti
pregarono ininterrottamente per Paolo ed egli si ritenne fortunato che essi
presentassero ogni giorno al Signore le sue istanze con tanta unanimità. La sua
gioia crebbe illimitatamente, e la benevolenza dei fratelli rafforzò lo spirito
di Paolo. Per quaranta giorni insegnò la parola delle sofferenze, cioè quello
che gli era capitato nei vari luoghi, nonché le grandi opere e i prodigi che
gli erano stati concessi. In ogni racconto glorificava Dio onnipotente e Gesù
Cristo, che aveva dimostrato in ogni luogo la sua benevolenza verso Paolo.
[7]
Dopo che Paolo offrì il sacrificio... in parti... che cosa significava questo
segno che avevano visto... che cosa lei avrebbe detto... ma a lui... non volle.
[8]..e
gli disse: "Claudio, ecco Paolo, l'amato del Signore, giunto con
me"...Claudio abbracciò subito Paolo, lo baciò e senz'altro prelevò egli
stesso con Artemone il suo bagaglio dalla nave e lo portò a casa sua. Pieno di
molta gioia, la comunicò anche ai fratelli, sicché la casa di Claudio fu piena
di letizia e di ringraziamento. Essi, infatti, videro che Paolo aveva deposto
l'atteggiamento di tristezza e insegnava la parola della verità.
MARTIRIO
DI SAN PAOLO APOSTOLO *
[1]
Luca, giunto dalla Galizia e Tito dalla Dalmazia, attendevano Paolo a Roma.
Allorché li vide, Paolo si rallegrò e affittò un granaio, fuori Roma, per
insegnare insieme ai fratelli la parola di verità; divenne molto celebre e
tante anime furono attratte al Signore. La sua fama si diffuse anche in Roma e
una grande folla si unì a lui nella fede (anche) dalla casa di Cesare. Grande
era la gioia.
[2]
Saputo della morte di Patroclo, Nerone ne fu grandemente rattristato. Ritornato
dal bagno, ordinò che un altro fosse posto a servire il vino. Ma i suoi giovani
gli annunziarono la notizia, dicendo: "Cesare, Patroclo è vivo e sta
presso la tavola". Egli esitò ad entrare; ed entrato, gli domandò:
"Patroclo, sei vivo?". Gli rispose: "Sono vivo, Cesare!". Ed
egli: "Chi ti ha fatto vivere?". Trasportato dall'ardore della fede,
il giovane disse: "Cristo Gesù, il re dei secoli".
[3]
Tra tanti altri anche Paolo fu condotto incatenato: a lui guardavano tutti gli
altri compagni di catene, sicché Cesare pensò che egli fosse il capo
dell'esercito. Si rivolse dunque a lui dicendo:
[4]
In virtù di questo editto, Paolo gli fu condotto dinanzi ed egli rimase fermo
nella decisione di decapitarlo. Paolo allora disse: "Cesare, non è per
breve tempo ch'io vivo per il mio re! Quando mi avrai decapitato, ecco quello
che farò: risorgerò e ti apparirò affinché tu sappia che non sono morto, ma
che vivo nel Signore Gesù Cristo, il quale verrà per giudicare
l'ecumene".
[5]
Mentre essi stavano ancora parlando Nerone mandò Partenio e Fereta, per vedere
se Paolo era già stato decapitato; e constatarono che era ancora vivo. Egli li
chiamò e disse: "Credete nel Dio vivo, il quale risusciterà dai morti me
e tutti coloro che credono in lui". Ma essi risposero: "Ora,
ritorniamo da Nerone! Quando tu sarai morto e risorto, crederemo al tuo
Dio".
[6]
Verso l'ora nona, allorché si trovavano con Cesare molti filosofi e il
centurione, Paolo giunse davanti a tutti e disse: "Cesare, ecco Paolo,
soldato di Dio, non sono morto ma vivo! Fra non molti giorni su di te verranno
molte sciagure, avendo versato sangue di giusti". Egli, sconvolto, ordinò
di liberare i prigionieri, anche Patroclo e i compagni di Barsaba.
[7]
Come aveva disposto Paolo, al sorgere del giorno, Longino e il centurione Cesto
andarono con timore verso il sepolcro di Paolo. Avvicinatisi, videro due uomini
in preghiera e Paolo in mezzo a loro. Dallo spavento uscirono fuori di sé,
mentre Tito e Luca, presi da umano timore, si diedero alla fuga. Essi però li
inseguirono, dicendo: "Non vi inseguiamo per uccidervi, come supponete, ma
affinché ci diate la vita, come ha prescritto Paolo che or ora pregava in mezzo
a voi".