Storie e massime di Achicar
Scrivo
inoltre 1 con il sostegno divino le massime ovvero la storia di Achicar, saggio
e ministro di Sennacheribbo, re di Assur e di Ninive.
Nel
ventesimo anno di Sennacheribbo, figlio di Esarhaddon 2, re di Assur e di Ninive,
io, Achicar, sono stato il ministro del re. Quando ero giovane mi fu detto che
non avrei avuto alcun figlio. La ricchezza che ho ottenuto è troppo grande
perché ne possa parlare: presi in moglie sessanta donne e costruii loro
sessanta castelli, ma un figlio non l'ebbi. Allora, io, Achicar, eressi un
grande altare tutto di legno, e, appiccatovi il fuoco, e, collocatevi sopra
vivande prelibate, dissi così: "O Dio, mio Signore! 3.
Se
morirò senza aver lasciato un figlio, che dirà la gente di me? "Avete
visto Achicar" diranno "che è stato giusto, buono e devoto a Dio? E'
morto e non ha lasciato un figlio che lo seppellisse; neppure una figlia. E i
suoi beni, come quelli di un reprobo, non li ha ereditati nessuno!". Ma io
ti supplico, o Dio, che mi nasca un figlio maschio, il quale mi copra gli occhi
con la terra quando morirò". Udii allora questa voce: "O Achicar,
ministro saggio! Tutto ciò che mi hai chiesto, te l'ho dato; ti ho lasciato però
senza figli. Ciò ti basti; non tormentarti. Pensa invece a Nadan 4, figlio di
tua sorella: sia lui per te come un figlio, a cui, durante la sua crescita, tu
possa insegnare ogni cosa!". Udite queste cose, mi rattristai di nuovo e
dissi: "O Dio, mio Signore! Mi darai dunque per figlio Nadan, mio nipote,
perché getti la terra sui miei occhi quando morirò?", ma non mi fu
rivolta alcuna risposta. Eseguii allora il Suo ordine e adottai mio nipote
Nadan. Poiché era ancora un bambino gli destinai otto nutrici e lo allevai come
mio figlio (nutrendolo) con il miele, facendolo sedere su tappeti preziosi e
rivestendolo di bisso e di porpora. Mio figlio crebbe e si sviluppò come un
cedro e, quando fu cresciuto, gli insegnai le lettere e la sapienza.
Tornato
che fu da dove si era recato, il re mi convocò dicendomi: "O Achicar, mio
saggio ministro e consigliere!
Quando
sarai diventato vecchio e morirai, chi dopo di te riuscirà a servirmi allo
stesso modo?". Gli risposi: "Viva in eterno il mio signore il re 5! Ho
un figlio che è altrettanto saggio, conosce le lettere quanto me ed è
istruito". Disse allora il re: "Portalo e fammelo vedere. Se è idoneo
a stare al mio cospetto, ti lascerò andare in pace a trascorrere la tua
vecchiaia onorevolmente finch‚ terminerai i tuoi giorni". Allora condussi
mio figlio Nadan e lo presentai al re, e il re mio signore, allorché lo vide,
disse: "Sia benedetto questo giorno davanti a Dio, perché Achicar verrà
ricompensato in modo adeguato a come egli si è condotto di fronte a mio padre
Esarhaddon e a me, e io stabilirò suo figlio alla mia porta 6 mentre lui vive,
sì che possa uscir di vita (in pace)". Allora io, Achicar, mi prostrai
davanti al re dicendo: "Viva in eterno il mio signore il re! Affinché,
come io mi sono condotto di fronte a tuo padre e a te fino ad ora, così pure
tu, signore mio, sii indulgente nei confronti della giovane età di questo mio
figlio, in modo che la benevolenza che hai avuto nei miei riguardi si raddoppi
(verso di lui)". Udite queste parole, il re mi porse la sua destra ed io,
Achicar, mi prostrai davanti al re.
Non
smisi di istruire mio figlio fin tanto che non lo satollai di insegnamenti come
di cibo e di acqua e solevo dirgli così:
1.
Ascolta Nadan, figlio mio, e segui il mio consiglio e sii memore delle mie
parole come se fossero le parole di Dio 7.
2.
Figlio mio Nadan, se hai sentito una diceria, lasciala morire nel tuo cuore e
non rivelarla ad alcuno, affinché non diventi un tizzone ardente nella tua
bocca e non ti bruci, e per non marchiare d'infamia la tua anima e non
risentirti contro Dio 8.
3.
Figlio mio, non riferire ciò che hai udito e non rivelare ciò che hai visto.
4.
Figlio mio, non sciogliere il nodo che è sigillato e non sigillare quello che
è sciolto.
5.
Figlio mio, non levare gli occhi verso una donna imbellettata e bistrata; non
concupirla nel tuo cuore, perché, anche se tu le dessi tutto ciò che possiedi,
non troveresti in essa alcun vantaggio e commetteresti un peccato contro Dio 9.
6.
Figlio mio, non commettere adulterio con la moglie del tuo vicino 10, affinché
altri non facciano lo stesso con tua moglie.
7.
Figlio mio, non essere precipitoso come il mandorlo, che fiorisce per primo,
mentre il suo frutto viene mangiato per ultimo. Sii invece equilibrato e
giudizioso come il gelso, che fiorisce per ultimo e il cui frutto viene mangiato
per primo.
8.
Figlio mio, tieni gli occhi abbassati, modera la tua voce e guarda da sotto le
palpebre, perché non è con la voce alta che si costruisce una casa. (Se così
fosse,) un asino potrebbe costruire due case in un sol giorno; e se l'aratro
potesse essere guidato dalla forza bruta, il vomere non sarebbe mai slegato
dalla spalla del cammello 11.
9.
Figlio mio, è meglio trasportare pietre assieme a un saggio che bere vino
assieme a uno stolto.
10.
Figlio mio, versa il vino sulle tombe dei giusti piuttosto che berlo con uomini
iniqui 12.
11.
Figlio mio, assieme a un uomo saggio non ti corromperai, mentre con un uomo
corrotto non acquisterai saggezza.
12.
Figlio mio, frequenta l'uomo saggio, ché diventerai saggio come lui, e non
frequentare l'uomo ciarliero e linguacciuto, ché saresti annoverato assieme a
lui 13.
13.
Figlio mio, fintantoché‚ hai dei calzari ai piedi, calpesta i cardi selvatici
e fa' strada ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli.
14.
Figlio mio, se un ricco mangia un serpente, la gente dice che l'ha mangiato come
medicina; se invece lo mangia un povero, dice che lo ha fatto per fame.
15.
Figlio mio, mangia la porzione che ti spetta e non disprezzare i tuoi compagni.
I6.
Figlio mio, con l'impudico 14 neppure il pane devi mangiare.
17.
Figlio mio, non essere invidioso per i successi del tuo nemico e non rallegrarti
neanche per i suoi insuccessi 15.
18.
Figlio mio, non avere a che fare n‚ con una donna che parla a bassa voce, n‚
con una donna dalla voce stridula.
19.
Figlio mio, non andar dietro alla bellezza della donna e non concupirla nel tuo
cuore, perché la (vera) bellezza della donna è il buon senso e il suo (vero)
ornamento è la dizione della sua bocca.
20.
Figlio mio, se il tuo nemico ti affronta con malvagità, tu affrontalo con
saggezza 16.
21.
Figlio mio, l'iniquo (alla fine) cade e non si rialza (più); il giusto invece
è inamovibile perché‚ Dio è con lui 17.
22.
Figlio mio, non essere avaro di botte con tuo figlio, perché‚ le botte per un
ragazzo sono come il concime per un orto, come la corda per l'asino e ogni altro
animale e come il laccio alla zampa di un asino 13.
23.
Figlio mio, sottometti tuo figlio finché‚ è giovane, fintantoché‚ non
prevalga su di te, non ti si ribelli e tu non abbia a vergognarti dei suoi
misfatti 19.
24.
Figlio mio, compera un toro robusto e corpulento 20 e un asino dai buoni
zoccoli, ma non procurarti uno schiavo incline alla fuga, n‚ una serva
proclive al furto, perché potrebbero distruggere tutto ciò che possiedi.
25.
Figlio mio, le parole dell'impostore sono come uccelli grassi e chi non ha senno
le divora.
26.
Figlio mio, non provocare le maledizioni di tuo padre e di tua madre, perché‚
potresti non rallegrarti dei successi dei tuoi figli.
27.
Figlio mio, non andare disarmato per la via, perché‚ non sai quando ti
aggredirà il tuo nemico.
28.
Figlio mio, così come l'albero si fregia delle sue fronde e dei suoi frutti e
la montagna boscosa (si fregia) dei (suoi) alberi 21, così l'uomo si fregia di
sua moglie e dei suoi figli. Infatti l'uomo che non ha fratelli, n‚ moglie,
n‚ figli è disprezzato e tenuto a vile dai suoi nemici ed è paragonabile ad
un albero in prossimità della strada, da cui ogni passante prende qualcosa e le
cui fronde vengono danneggiate da ogni animale selvatico.
29.
Figlio mio, non dire che il tuo padrone è stolto e che tu sei saggio. Accettalo
invece con le sue debolezze e ti guadagnerai il suo affetto.
30.
Figlio mio, non considerarti saggio quando gli altri non ti considerano tale.
31.
Figlio mio, non mentire quando parli al tuo padrone, perché potrebbe
rimproverarti e dirti di allontanarti dalla sua vista.
32.
Figlio mio, siano veraci le tue parole, sicché‚ il tuo padrone ti voglia
vicino e tu possa vivere.
33.
Figlio mio, nelle avversità non imprecare contro Dio, perché udendoti potrebbe
adirarsi contro di te.
34.
Figlio mio, non trattare il tuo servo meglio di un suo compagno, perché non sai
chi di loro alla fine ti sarà più necessario 22.
35.
Figlio mio, colpisci con pietre il cane che ha abbandonato il suo padrone per
venirti dietro.
36.
Figlio mio, il gregge che segue troppi sentieri è preda dei lupi.
37.
Figlio mio, sii retto nei tuoi giudizi in gioventù per avere onore nella tua
vecchiaia.
38.
Figlio mio, addolcisci la tua lingua e insaporisci il tuo eloquio, perché la
coda del cane gli procura il pane, mentre la bocca (gli procura) percosse 23.
39.
Figlio mio, non permettere al tuo vicino di calpestarti il piede; perché
potrebbe calpestarti anche il collo.
40.
Figlio mio, l'uomo (saggio) colpiscilo con parole sagge, che siano nel suo cuore
come una febbre d'estate; lo stolto invece non capisce neppure se gli dai molte
bastonate.
41.
Figlio mio, se dai un incarico a un saggio, non dargli (troppi) ordini; se
invece vuoi darlo a uno stolto, va' (piuttosto) tu stesso e non mandarlo.
42.
Figlio mio, metti alla prova tuo figlio con pane e acqua. Dopo di che, lasciagli
in mano i tuoi beni e le tue ricchezze.
43.
Figlio mio, sii il primo a uscire dal convito e non rimanere per gli unguenti
fragranti, perché potresti (invece) riceverti delle percosse alla testa 24.
44.
Figlio mio, chi ha le mani piene viene chiamato saggio e onorato; chi invece è
a mani vuote viene chiamato sciagurato e abbietto 25.
45.
Figlio mio, ho trasportato il sale 26 e ho rimosso il piombo, ma non ho visto
nulla di più gravoso di un debito che si debba estinguere quantunque non sia
(mai) stato contratto.
46.
Figlio mio, ho trasportato ferro 27 e ho spostato pietre, ma non erano tanto
pesanti quanto un genero che si stabilisca presso suo suocero.
47.
Figlio mio, insegna a tuo figlio che cosa sono la fame e la sete, affinché
amministri la sua casa avvedutamente 28.
48.
Figlio mio, un cieco agli occhi è meglio di uno che sia cieco al cuore. Il
cieco agli occhi infatti impara facilmente la strada e la percorre; il cieco al
cuore invece abbandona la retta via e si smarrisce.
49.
Figlio mio, un amico vicino è meglio che un fratello lontano 29 e una buona
reputazione è meglio che una grande bellezza, perché il buon nome resta in
eterno, mentre la bellezza svanisce e appassisce.
50.
Figlio mio, è meglio morire che vivere per l'uomo che non ha pace ed è meglio
la voce di un lamento funebre nelle orecchie di uno stolto che musica e allegria
30.
51.
Figlio mio, è meglio una zampa in mano che un'anitra nella pentola altrui ed è
meglio una pecora vicina che una mucca lontana. E' meglio un solo passero in
mano che mille in volo ed è migliore una povertà che raccoglie di una
ricchezza che dissipa. E' meglio la veste di lana che hai indosso che il bisso e
le sete altrui.
52.
Figlio mio, trattieni la parola nel tuo cuore e non avrai a pentirtene, perché
quando hai cambiato la tua parola hai già perduto un amico 31.
53.
Figlio mio, non esca una parola dalla tua bocca prima di esserti consultato nel
tuo cuore, perché è meglio inciampare nel proprio cuore che inciampare sulla
lingua 32.
54.
Figlio mio, se ascolti una brutta parola, mettila sette cubiti sotto terra.
55.
Figlio mio, non indugiare in una contesa 33, perché dal litigio ha origine
l'omicidio.
56.
Figlio mio, chiunque non emetta una giusta sentenza, fa andare in collera Dio.
57.
Figlio mio, (non) allontanarti dall'amico di tuo padre, perché il tuo amico
potrebbe non venire da te 34.
58.
Figlio mio, non scendere nel giardino dei principi e non
avvicinarti
alle loro figlie.
59.
Figlio mio, soccorri il tuo amico di fronte al sovrano,
in
modo da poterlo soccorrere dal leone 35.
60.
Figlio mio, non rallegrarti per la morte del tuo nemico 36.
61.
Figlio mio, quando vedi un uomo più anziano di te,
alzati
di fronte a lui 37.
62.
Figlio mio, se le acque si sostenessero senza la terra,
se
l'uccello volasse senza ali, se il corvo divenisse bianco
come
la neve e se l'amaro diventasse dolce come il miele,
allora
lo stolto diverrebbe saggio.
63.
Figlio mio, se sei un sacerdote di Dio 38, sii scrupoloso nei suoi riguardi.
Entra alla sua presenza in stato di
purità
e non allontanarti dal suo cospetto.
64.
Figlio mio, se Dio rende prospero qualcuno, onoralo
anche
tu.
65.
Figlio mio, non contendere con 39 un uomo nel suo
giorno
(migliore) e non affrontare un fiume quando è in
piena.
66.
Figlio mio, l'occhio dell'uomo è come una sorgente
d'acqua:
non si sazia di ricchezze fintantoché‚ non si è riempito
di
terra 40.
67.
Figlio mio, se vuoi diventar saggio, impedisci alla tua bocca di mentire e alla
tua mano di rubare. Allora diventerai saggio.
68.
Figlio mio, non fungere da sensale di matrimonio per una donna, perché, se le
andrà male, ti maledirà; se invece le andrà bene, non si ricorderà (più) di
te.
69.
Figlio mio, chi è ricercato nei suoi abiti è ricercato anche nelle sue parole;
chi invece è trascurato nei suoi abiti è trascurato anche nelle sue parole.
70.
Figlio mio, se rinvieni qualcosa davanti a un idolo 41, offrigliene una parte.
71.
Figlio mio, la mano che era sazia e che (poi) ha avuto fame è generosa 42; non
lo è invece la mano che era affamata e che (poi) si è saziata.
72.
Figlio mio, i tuoi occhi non si fissino su una donna bella e non vagheggiare una
bellezza che non ti appartiene, perché molti si sono rovinati per la bellezza
di una donna e il suo amore è (stato) come un fuoco che brucia 43.
73.
Figlio mio, lascia che il saggio ti sferzi molte volte, ma non che lo stolto ti
unga d'olio aromatico 44.
74.
Figlio mio, non corra il tuo piede presso l'amico, perché egli potrebbe
stancarsi di te e odiarti 45.
75.
Figlio mio, non metterti un anello d'oro al dito se non è tuo, perché gli
stolti potrebbero deriderti.
Questo
fu l'insegnamento che Achicar impartì a suo nipote Nadan.
Io,
Achicar, ero convinto che Nadan avesse accolto nel suo cuore quanto gli avevo
insegnato e che mi sostituisse alla porta del re. Ignoravo che egli non aveva
dato ascolto alle mie parole e che, invece, le dissipava come al vento e andava
dicendo: "Mio padre Achicar è diventato (troppo) anziano ed è ormai sul
ciglio della tomba; la sua intelligenza è regredita ed è diminuito il suo
ingegno". Inoltre Nadan cominciò a maltrattare i miei servi percuotendoli,
uccidendoli e trucidandoli, senza risparmiare (neppure) i miei bravi e
affezionati servitori e domestiche in età avanzata. Abbatté i miei cavalli e
azzoppò i miei muli migliori.
Quando
mi accorsi che mio figlio Nadan aveva commesso queste odiose azioni, lo ripresi
dicendo: "Nadan, figlio mio, non toccare le mie proprietà. Figlio mio, un
proverbio dice: "Ciò che la mano non possiede, l'occhio non lo
risparmia"". Riferii poi al mio signore Sennacheribbo tutte queste
cose ed egli sentenziò così: "Fintantoché‚ Achicar vive, nessuno avrà
potere sui suoi averi".
Un'altra
volta, avendo visto che suo fratello Nabuzardan stava a casa mia, mio figlio
Nadan si irritò molto e si mise a dire: "Mio padre Achicar è invecchiato,
la sua saggezza sta svanendo e le sue parole, già sagge, sono ora prive di
senso 46, sicché potrebbe dare i suoi beni a mio fratello Nabuzardan e
cacciarmi via dalla sua casa".
Quando
io, Achicar, sentii queste cose, dissi: "Guai a te, o mia saggezza, perché
mio figlio Nadan ti ha frainteso! Le mie sagge parole, le ha accusate di
follia!".
Sentito
questo, Nadan si infuriò e si recò alla porta del re 47 e, tramando in cuor
suo contro di me, si mise a scrivere due lettere a due re nemici di
Sennacheribbo mio signore; la prima ad Akhi, figlio di Hamselim, re della Persia
e dell'Elam, così concepita: "Da parte di Achicar, ministro e
guardasigilli 48 di Sennacheribbo, re di Assur e di Ninive, salve! Quando ti sarà
giunta questa lettera, muoviti e vienimi incontro ad Assur e io ti farò entrare
in Assur. Ti impadronirai così del regno senza colpo ferire". La seconda
lettera che scrisse (diceva così): "Al Faraone, re dell'Egitto, da parte
di Achicar, ministro e guardasigilli del re di Assur e di Ninive, salve! Non
appena questa lettera giungerà a te, muoviti e vienimi incontro nella Vallata
delle Aquile, che è situata nel sud, il venticinquesimo giorno del mese di Ab.
Io ti farò entrare in Ninive senza combattere e tu ti impadronirai del
regno". E imitò in questi suoi scritti la mia calligrafia, li sigillò nel
palazzo e se ne andò.
Scrisse
poi un'altra lettera a me, fingendo che provenisse dal re Sennacheribbo mio
signore, e la redasse così: "Da parte del re Sennacheribbo ad Achicar, mio
ministro e guardasigilli, salve! Quando ti sarà giunta questa lettera, raduna
tutto l'esercito presso il monte chiamato Sis. Parti quindi da quel luogo e
raggiungimi nella Vallata delle Aquile, che è situata nel sud, il
venticinquesimo giorno del mese di Ab. Non appena avrai visto che mi avvicino a
te, schiera contro di me il tuo esercito in formazione di battaglia, perché
sono giunti da me gli ambasciatori del Faraone, re dell'Egitto, per vedere che
esercito possiedo".
Dopodiché,
il mio figlio Nadan mi inviò questa lettera per mano di due soldati del re;
quindi, prese le lettere che aveva scritto come se le avesse appena trovate e le
lesse di fronte al re.
Sentitele,
il re mio signore si lamentò dicendo: "O Dio! In che cosa ho mancato
contro Achicar che mi fa queste cose?". In risposta Nadan, mio figlio, gli
disse: "Signore mio, non affliggerti e non irritarti! Suvvia, andiamo nella
Vallata delle Aquile nel giorno che è stato indicato nella lettera. Se la cosa
è vera, tutti gli ordini che darai verranno eseguiti".
Così
mio figlio Nadan condusse il re mio signore e giunsero da me nella Vallata delle
Aquile, dove mi trovarono con un grande esercito colà radunato. Come vidi il
re, schierai l'esercito contro di lui, secondo quanto stava scritto nella
lettera. A quella vista il re si sgomentò, ma mio figlio Nadan, prendendo la
parola, gli disse: "Non turbarti, o mio signore il re, e torna in pace nel
tuo padiglione, perché condurrò Achicar alla tua presenza".
Il
re mio signore tornò allora a casa sua e mio figlio Nadan, venutomi incontro,
mi disse: "Hai fatto bene ciò che hai fatto. Il re ti ha molto lodato e ti
ordina di smobilitare le truppe, affinché ciascuno torni al suo paese e al
proprio luogo. Tu invece vieni da solo con me".
Giunsi
così alla presenza del re, il quale, quando mi vide, mi disse: "Sei dunque
arrivato, Achicar, ministro mio e consigliere di Assur e di Ninive 49, che io ho
elevato agli onori? Ti sei tu trasformato, diventando uno dei miei nemici?"
Mi diede quindi le lettere che erano state scritte a mio nome e sigillate con
l'impronta del mio sigillo, e, quando le ebbi lette, la lingua mi s'inceppò e
le membra mi vennero meno. Cercai invano una singola parola dei miei discorsi di
saggezza, ma non ci riuscii. Mio figlio Nadan prese allora la parola dicendomi:
"Vattene via dal cospetto del re, o vecchio stolto, e porgi le mani e i
piedi ai ceppi e alle catene!".
Il
re Sennacheribbo distolse il suo sguardo da me e parlò al mio collega
Nabusemakh 50 dicendogli: "Suvvia, va a uccidere Achicar e separa la sua
testa cento cubiti dal suo corpo!". Io allora mi gettai col viso a terra e,
prosternandomi di fronte al re, gli dissi: "O re signore mio, possa tu
vivere in eterno! Visto che tu, mio signore, vuoi uccidermi, sia fatta la tua
volontà. Io però so di non aver peccato contro di te. Pertanto dà ordine, o
re mio signore, che mi uccidano sulla soglia della mia casa e che consegnino il
mio corpo per la sepoltura".
Il
re disse allora al mio collega Nabusemakh: "Va', uccidi Achicar sulla
soglia di casa sua e consegna il suo corpo per la sepoltura!". Io mandai a
dire a mia moglie Eshfagni di scegliere mille e una fanciulla tra le donne del
mio parentado e di far loro indossare l'abbigliamento funebre, affinché si
lamentassero, gemessero e piangessero per me e mi venissero incontro per farmi
il funerale prima della mia morte. Le dissi inoltre di preparare un pasto, un
banchetto e un convito per il mio collega Nabusemakh e per i Parti che erano con
lui, di andare loro incontro a riceverli e di farli entrare in casa mia. Anch'io
sarei entrato in casa come un ospite.
Mia
moglie Eshfagni, che era assai saggia, comprese subito il mio messaggio e fece
quanto le comunicai: venne loro incontro, li introdusse in casa mia (dove)
consumarono il pasto e li servì di persona, fintantoch‚ per la loro
ubriachezza non si addormentarono ai loro posti.
Allora
io, Achicar, entrai e dissi a Nabusemakh: "Rivolgi lo sguardo a Dio, o
fratello, e ricorda l'amicizia che esisteva tra di noi. Non soffrire per la mia
morte; rammenta invece che io non ti ho ucciso quella volta che Esarhaddon,
padre di Sennacheribbo, ti consegnò a me affinché ti uccidessi, perché sapevo
che tu eri innocente 51.
Io
ti mantenni in vita finch‚ il re non sentì la tua mancanza e, quando ti
riportai a lui, mi ricolmò di doni e ricevetti da lui molti regali. Ora anche
tu lasciami in vita e ricambiami quel favore. Affinch‚ non corra notizia che
non sono stato ucciso e il re non si adiri contro di te, ecco che ho nella mia
prigione uno schiavo, chiamato Manzipar, che merita la morte. Travestilo con i
miei abiti e fomenta i Parti contro di lui affinché lo uccidano. Così, non
avendo peccato, io non morrò".
Udite
queste cose, il mio collega Nabusemakh partecipò molto al mio dolore. Egli
prese le mie vesti, le fece indossare allo schiavo che stava in prigione e
fomentò i Parti. Questi, nei fumi del vino 52, si alzarono e lo uccisero.
Separarono la sua testa cento cubiti dal suo corpo e consegnarono la sua salma
per la sepoltura.
Così
si diffuse ad Assur e a Ninive la notizia che il ministro Achicar era stato
ucciso. Nabusemakh e mia moglie Eshfagni si diedero a prepararmi un nascondiglio
sotterraneo, largo tre cubiti e alto cinque cubiti, al di sotto del vestibolo
della porta di casa mia e vi collocarono cibo e acqua. Poi andarono ad
annunciare al re Sennacheribbo che il ministro Achicar era morto.
All'udire
la notizia gli uomini piansero e le donne si graffiarono il volto dicendo:
"Ahimè Achicar, saggio ministro, mai più avremo un restauratore 53 del
nostro paese come te!". Allora il re Sennacheribbo chiamò mio figlio Nadan
e gli disse: "Va' e fa' un funerale per tuo padre Achicar e torna da
me!". Ma mio figlio Nadan tornò senza aver fatto il funerale e senza
avermi neppure commemorato. Egli anzi raccolse gente frivola e licenziosa e li
fece accomodare alla mia mensa con musica e grande allegria; quanto invece ai
miei servi e alle mie ancelle, li spogliò e li fustigò senza pietà e non
rispettò neppure mia moglie Eshfagni. Cercò anzi di avere con lei il rapporto
dell'uomo con la donna 54, mentre io, Achicar, giacevo nell'oscurità della
fossa là sotto e sentivo le voci dei miei fornai, cuochi e coppieri che
piangevano e singhiozzavano per casa.
Alcuni
giorni dopo, venne Nabusemakh, aprì (la botola) sopra il mio viso, mi consolò
e mi portò cibo e acqua. Allora io gli dissi: "Quando esci di qui,
ricordami a Dio e di': "Dio giusto, retto e benefattore della terra,
ascolta la voce del tuo servo Achicar e ricordati che ti ha sacrificato buoi
grassi come agnelli da latte e che ora egli giace in un pozzo oscuro, di dove
non vede la luce. Lui, che ti invoca, non lo salvi? Ascolta, o Signore, la voce
del mio collega 55!"".
Ora,
quando il Faraone, re dell'Egitto, sentì che io, Achicar, ero stato ucciso, si
rallegrò molto e scrisse questa lettera a Sennacheribbo: "Il Faraone, re
dell'Egitto, a Sennacheribbo, re di Assur e di Ninive, salve! Desidero costruire
un castello tra la terra e il cielo. Cerca pertanto di inviarmi dal tuo regno un
uomo che sia un abile architetto e che possa dar risposta a tutto quello che gli
chiederò. Quando mi avrai inviato un uomo siffatto, raccoglierò e ti invierò
il tributo di tre anni dell'Egitto. Se invece non mi invierai un uomo che possa
rispondere a tutti i quesiti che gli porrò, raccogli e mandami tu il tributo di
tre anni di Assur e di Ninive tramite gli ambasciatori che giungeranno presso di
te".
Quando
questa lettera fu letta al re, questi convocò tutti i dignitari e gli uomini
liberi del regno e disse loro: "Chi di voi va in Egitto a rispondere al re
su tutti i quesiti che egli gli porrà, a costruire il castello che vuole e a
prelevare il tributo di tre anni dell'Egitto?". Udito questo, i dignitari
risposero al re: "Tu sai, nostro signore il re, che non solo negli anni del
tuo regno, ma anche in quelli di tuo padre Esarhaddon simili questioni usava
risolverle il ministro Achicar. Ora però c'è suo figlio Nadan, che ha appreso
la sua erudizione e la sua sapienza". Quando sentì queste parole, mio
figlio Nadan esclamò rivolgendosi al re: "Neppure gli dèi possono fare
simili cose: escludi quindi gli uomini!" 56.
Il
re fu molto turbato da tutto ciò; discese dal trono, si sedette sulla (nuda)
terra e disse: "Ahimè, saggio Achicar, che ti ho soppresso per le parole
di un ragazzo! Chi mai potrà ricondurti a me in questo momento? Gli darei tanto
oro quanto tu pesi!".
Il
mio collega Nabusemakh, udito ciò, cadde ai piedi del re e gli disse: "O
re mio signore, chi trascura l'ordine del suo padrone è degno di morte ed io,
signore, ho trascurato un ordine della tua regale maestà. Comanda che mi
crocifiggano, perché Achicar, che mi ordinasti di uccidere, è ancora
vivo".
Udite
queste parole, il re rispose dicendo: "Parla, parla Nabusemakh, parla uomo
abile, buono e incapace di nuocere! Se è come dici e se mi mostri Achicar vivo,
ti carico di doni d'argento per il peso di cento talenti e di porpora per il
peso di cinquanta talenti". Nabusemakh gli disse allora:
"Giurami,
o re mio signore, che, se non avrò commesso altri peccati contro di te, non mi
imputerai questo peccato". Il re gli porse la destra per rassicurarlo e si
sedette subito su un carro. Arrivò in fretta a casa mia e aprì (la botola)
sopra il mio viso.
Io
salii, gli venni incontro e mi gettai ai suoi piedi. I capelli mi erano scesi
fin sulle spalle, la barba mi raggiungeva il petto, il mio corpo era imbrattato
di terra e le unghie mi erano cresciute come quelle delle aquile 57.
Appena
mi vide, il re scoppiò a piangere e non osò parlarmi. Poi con gran dolore mi
disse: "Non io peccai contro di te, Achicar, bensì tuo figlio. A peccare
contro di te fu colui che allevasti". Allora gli risposi dicendo: "O
mio signore, dopo aver visto il tuo volto non ho più alcun rancore". Il re
allora mi disse: "Va' a casa tua, Achicar, tagliati i capelli, lavati il
corpo e ristabilisciti 58 per quaranta giorni. Poi vieni da me".
Rientrai
così in casa mia e vi restai circa trenta giorni. Poi, quando mi fui rimesso 59
andai dal re, che mi disse: "Hai visto, Achicar, che cosa mi ha scritto il
Faraone, re dell'Egitto?". Gli risposi: "O re mio signore, non
preoccuparti di questo problema. Io stesso andrò in Egitto: costruirò per il
re il castello, troverò la risposta per ogni sua domanda e porterò con me il
tributo di tre anni dell'Egitto".
Il
re si rallegrò moltissimo di ciò, fece una grande festa e grandi sacrifici e
mi fece dei regali. Quanto a Nabusemakh gli conferì la carica più alta.
Dopodiché,
io scrissi a mia moglie Eshfagni la seguente lettera: "Quando ti sarà
giunta questa lettera, ordina ai miei cacciatori di catturare due aquilotti e
comanda ai linaioli di fare delle corde di lino lunghe mille cubiti e spesse un
mignolo. Ordina inoltre ai falegnami di fabbricarmi una gabbia per gli
aquilotti. Tu invece consegna i due bambini 'Ubael e Tabshelim, che non sanno
ancora parlare, e fa che imparino a dire così: "Porgete fango e calcina,
tegole e mattoni ai muratori, che restano inoperosi!"".
Mia
moglie Eshfagni eseguì ogni incarico che le diedi e io dissi al re:
"Comanda, o mio signore, e lascia che io parta per l'Egitto". Quando
ebbi ricevuto l'ordine di partire, mi presi una scorta armata e mi incamminai.
Giunti alla prima tappa, feci uscire i due aquilotti, legai le corde alle loro
zampe e feci montare quei bambini su di loro. Essi salirono portandoli a grande
altezza e di lassù i bambini gridarono ciò che avevano imparato: "Porgete
fango e calcina, tegole e mattoni ai muratori, che restano inoperosi!".
Dopodiché, li tirai giù.
Quando
giungemmo in Egitto, mi recai alla porta del re e i suoi dignitari gli dissero:
"E' arrivato l'uomo che ha inviato il re dell'Assiria!". Il re diede
ordine di assegnarmi un'abitazione e il giorno dopo entrai alla sua presenza, mi
prosternai di fronte a lui e mi informai della sua salute. Il re mi rispose
dicendo: "Qual è il tuo nome?". Gli dissi: "Il mio nome è
Abiqam 60, una delle più disprezzabili formiche del regno". Mi rispose:
"Tanto mi disprezza il tuo signore da inviarmi una disprezzabile formica
del suo regno? Va', Abiqam, al tuo alloggio e vieni da me (domani) mattina
presto".
Il
re ordinò ai suoi dignitari di vestirsi l'indomani di rosso. Lui si vestì di
bisso e, seduto sul trono, diede ordine che entrassi alla sua presenza e mi
disse: "A chi somiglio, Abiqam, e a chi somigliano i miei dignitari?".
Io risposi: "Tu somigli, o mio signore il re, al (dio) Bel 61 e i tuoi
dignitari ai suoi sacerdoti". Egli mi disse nuovamente: "Va' al tuo
alloggio e domani vieni da me". Quindi il re ordinò ai suoi dignitari di
indossare l'indomani un vestito di lino bianco. Lui stesso si vestì di bianco e
si sedette sul trono, dando ordine che io entrassi alla sua presenza. Mi disse
allora: "A chi somiglio, Abiqam, e a chi somigliano i miei
dignitari?". Gli dissi: "Tu, o mio signore il re, somigli al sole e i
tuoi dignitari ai suoi raggi". Di nuovo il re mi disse: "Vattene al
tuo alloggio e torna da me domani". Poi ordinò ai suoi dignitari di
vestirsi l'indomani di nero. Lui si vestì rosso scarlatto, mi ordinò di
entrare alla sua presenza e mi disse: "A chi somiglio, Abiqam, e a chi
somigliano i miei dignitari?". Gli risposi: "Tu somigli, o mio signore
il re, alla luna e i tuoi dignitari alle stelle". Ed egli mi disse di
nuovo: "Va' a casa tua e torna domani da me". Poi il re comandò ai
suoi dignitari di indossare l'indomani vesti variopinte e multicolori e di far
coprire le porte del palazzo con drappi rossi. Lui stesso indossò dei
(paramenti simili a) tappeti, mi ordinò di entrare alla sua presenza e mi
disse: "A chi somiglio, Abiqam, e a chi somigliano i miei dignitari?".
Gli risposi: "Tu somigli, o mio signore il re, al mese di Nisan 62 e i tuoi
dignitari somigliano ai suoi fiori".
Allora
il re mi disse: "Una volta mi hai paragonato a Bel e, i miei dignitari, ai
suoi sacerdoti; la seconda volta mi hai paragonato al sole e, i miei dignitari,
ai suoi raggi; la terza volta mi hai paragonato alla luna e, i miei dignitari,
alle stelle, e la quarta volta mi hai paragonato a Nisan e, i miei dignitari, ai
suoi fiori. Ora invece dimmi, Abiqam, a chi somiglia il tuo padrone?". Io
gli risposi: "Dio non voglia o mio signore il re, che io menzioni il mio
signore Sennacheribbo mentre tu te ne stai seduto. Il mio signore Sennacheribbo
somiglia a... 63 e i suoi dignitari ai fulmini che stanno nelle nuvole, perché,
quando vuole, egli forma la pioggia, la rugiada e la grandine e, se tuona,
impedisce al sole di sorgere e ai suoi raggi di comparire; inoltre, impedisce a
Bel di entrare e uscire in strada e ai suoi dignitari di farsi vedere, e
impedisce alla luna di sorgere e alle stelle di apparire".
Udendo
queste cose, il re si ingelosì molto e mi disse: "Per la vita del tuo
signore, ti scongiuro, dimmi il tuo nome!". Io gli risposi: "Sono
Achicar, il ministro e il guardasigilli di Sennacheribbo, re di Assur e di
Ninive". Mi disse allora il re: "Non ho forse sentito dire che il tuo
padrone ti aveva ucciso?". Gli risposi: "Sono ancora in vita, o mio
signore e Iddio mi ha affrancato da qualcosa che le mie mani non avevano
commesso". Allora il re mi disse: "Va' a casa tua, Achicar, e torna
domani da me. Mi dovrai dare una notizia che n‚ io, n‚ alcuno dei miei
dignitari abbiamo mai sentita, n‚ fu udita nella capitale del mio regno".
Io
allora mi sedetti a meditare nel mio cuore e scrissi questa lettera: "Da
parte del Faraone, re dell'Egitto, a Sennacheribbo, re di Assur e di Ninive,
salve! I re hanno bisogno dei re e i fratelli hanno bisogno dei fratelli. In
questo momento i miei doni sono insufficienti, perché l'argento è scarso nel
mio tesoro. Da' ordine che mi siano inviati dal tuo tesoro novecento talenti di
argento e in breve spazio di tempo io li restituirò al loro luogo
(d'origine)".
Questa
lettera io la piegai e la tenni in mano e, quando il re mi ordinò di entrare
alla sua presenza, gli dissi: "Forse in questa lettera c'è una notizia che
tu non hai mai udito". Quindi la lessi di fronte a lui e ai suoi dignitari
e, come se avessero ricevuto ordine da parte del re, (i dignitari) gridarono:
"Questa l'abbiamo già udita tutti ed è (effettivamente così)!". Io
allora risposi loro: "Bene, (in questo caso) l'Egitto deve all'Assiria
novecento talenti (d'argento)!". Il re, udendo ciò, rimase stupito, poi mi
disse: "Voglio costruire un castello tra la terra e il cielo che sia alto
da terra mille braccia". Io feci allora uscire i (due) aquilotti, legai le
corde alle loro zampe e vi feci montare sopra i (due) bambini, i quali si misero
a dire: "Porgete fango e calcina, tegole e mattoni ai muratori, che restano
inoperosi!" 64.
Il
re, vedendo ciò, rimase esterrefatto; io, Achicar, presi intanto uno scudiscio
e mi misi a frustare i dignitari del re finch‚ non scapparono tutti. Il re
ribollì di rabbia e mi disse: "Sei davvero impazzito, Achicar! Chi può
portar su qualcosa a quei (due)?". Io gli risposi: "Sul conto del mio
signore Sennacheribbo (è meglio che) non diciate nulla, perché, se egli fosse
presente, costruirebbe due castelli in un sol giorno!". Il re allora mi
disse: "Lascia in disparte il castello, o Achicar! Torna alla tua dimora e
all'alba vieni da me".
All'alba
entrai alla sua presenza ed egli mi disse: "Spiegami, o Achicar, che cos'è
questa faccenda: quando il cavallo del tuo signore nitrisce in Assiria, le
nostre cavalle sentono la sua voce fin qui e abortiscono i loro puledri".
Io uscii dal (palazzo del) re e ordinai ai miei servi di acchiappare un gatto,
quindi lo sferzai per le strade della città. Non appena gli Egiziani videro ciò,
andarono a dire al re che Achicar bistrattava e ridicolizzava il loro popolo 65.
Egli infatti aveva preso un gatto e lo sferzava per le strade della loro città.
Il re mandò a chiamarmi e, appena fui entrato alla sua presenza, mi disse:
"Per quale ragione tu ci oltraggi?". Io gli risposi: "Possa il
mio signore il re vivere in eterno! Questo gatto mi ha molto danneggiato (in una
faccenda) non irrilevante. Mi è stato infatti affidato da parte del mio signore
un gallo dalla voce bellissima. Quando cantava, capivo che il mio signore aveva
bisogno di me e mi recavo (subito) alla sua porta. La notte scorsa però questo
gatto è andato in Assiria, ha strappato via la testa a quel gallo e se ne è
ritornato". Il re allora mi rispose: "Mi sembra, o Achicar, che da
quando sei invecchiato sei completamente impazzito. Di qui all'Assiria ci sono
infatti trecentosessanta parasanghe e come fai a dire che quel gatto in una sola
notte è partito, ha staccato la testa al gallo ed è ritornato?". Io gli
risposi: "Come fanno allora le vostre cavalle a sentire la voce del cavallo
del mio signore e ad abortire i loro puledri, se dall'Egitto all'Assiria ci sono
trecentosessanta parasanghe?".
Udito
ciò, il re si irritò moltissimo e mi disse: "Achicar, risolvimi questo
indovinello. Su una colonna ci sono dodici cedri; su ogni cedro ci sono trenta
ruote e su ogni ruota ci sono due corde: una bianca e una nera". Gli
risposi: "Signore mio il re, (anche) i mandriani del nostro paese conoscono
l'indovinello che mi hai detto. La colonna di cui mi parli è l'anno 66 i dodici
cedri sono i mesi dell'anno; le trenta ruote sono i
giorni
del mese e le due corde, una bianca e l'altra nera, sono
il
giorno e la notte".
Il
re mi disse ancora: "Achicar, intrecciami cinque corde
con
la sabbia del fiume". Gli risposi: "Da' ordine, o mio
signore,
che mi portino una corda di sabbia dal tuo tesoro e
io
la prenderò a modello". Egli allora mi disse: "Se non
fai
questo, non ti darò il tributo dell'Egitto". Mi misi allora
a
pensare nel mio cuore come avrei potuto fare; poi, uscito dal
palazzo
del re 67, feci cinque fori nel muro orientale del palazzo e, quando il sole
entrò attraverso i fori, vi rovesciai
sopra
della sabbia. I solchi (tracciati dalla luce) del sole
cominciarono
così ad apparire come se fossero stati intrecciati all'interno dei fori. Dissi
quindi al re: "Comanda, o
signore,
che li prendano, in modo che ve ne possa intrecciare
degli
altri al loro posto". Alla vista di questo, i re e i suoi
dignitari
restarono attoniti.
Il
re comandò ancora che mi portassero una pietra da
mulino
rotta e mi disse: "Achicar, ricuci questa macina
rotta".
Io me ne andai e portai la pietra inferiore di una
macina
e, lasciatala cadere di fronte al re, gli dissi: "Mio
signore
il re, poiché qui sono uno straniero e non ho con
me
strumenti di lavoro, ordina a dei calzolai di tagliarmi
delle
fettucce da questa macina che fa coppia con la pietra
superiore
e io la ricucirò subito". Udito ciò, il re scoppiò
a
ridere e disse: "Sia benedetto davanti al dio dell'Egitto
il
giorno in cui è nato Achicar e, poiché ti ho visto in vita,
farò
una festa e un banchetto".
Quando
mi diede il tributo di tre anni dell'Egitto, me
ne
tornai senza indugio dal mio signore, il re Sennacheribbo. Questi mi venne
incontro e mi ricevette facendo una festa e mi collocò alla testa dei suoi
cortigiani. Quindi mi
disse:
"Domandami, o Achicar, tutto quello che vuoi". Io
mi
prosternai davanti al re dicendogli: "O re mio signore, tutto
ciò
che vuoi darmi, concedilo al mio collega Nabusemakh, perché lui mi ha salvato
la vita 68. Quanto a me, o re, da' ordine che mi consegnino mio figlio Nadan,
affinché gli dia un'ulteriore istruzione, visto che ha dimenticato la
precedente". Il re ordinò che me lo consegnassero e mi disse: "Va', o
Achicar, e fa' pure ciò che vuoi con tuo figlio Nadan, perché nessuno sottrarrà
il suo corpo dalle tue mani".
Così
presi mio figlio Nadan e lo portai a casa mia. Lo legai con delle catene di
ferro del peso di venti talenti, le attaccai a degli anelli e gli posi sul collo
dei serrami; poi lo colpii sulle spalle con mille frustate e sui fianchi con
mille e una. Lo misi nel portico della porta del mio cortile, dandogli un siclo
di cibo e un siclo d'acqua, e lo affidai in custodia al mio giovane servo Nabuel,
dicendogli: "Scrivi su una tavoletta tutto ciò che dirò a mio figlio
Nadan quando entro e quando esco".
Quindi,
rivolgendomi a mio figlio Nadan, gli dissi:
1.
Figlio mio, chi non ode con le orecchie, lo si fa udire dietro al suo collo.
In
risposta il mio figlio Nadan mi disse: "Perché sei così adirato contro
tuo figlio?". Gli risposi:
2.
Figlio mio, ti ho fatto sedere sul seggio dell'onore, mentre tu mi hai buttato
giù dal mio seggio, ma la mia rettitudine mi ha salvato.
3.
Per me tu fosti, figlio mio, come uno scorpione che colpisce un macigno e
(questo) gli dice: "Hai colpito un cuore indifferente", (oppure come
uno scorpione) che ha colpito un ago e gli dicono: "Hai colpito un
pungiglione peggiore del tuo".
4.
Per me tu fosti, figlio mio, come una capra che stava presso un arbusto di
sommacco e lo brucava. Il sommacco le disse: "Perché mi mangi se poi la
tua pelle la conciano con la mia radice?". Gli rispose la capra: "Ti
mangio mentre sono in vita e, quando sarò morta, ti strapperanno dalla tua
radice" 69.
5.
Per me tu fosti, figlio mio, come quell'uomo che scagliò una pietra contro il
cielo senza raggiungerlo 70 e ricevette punizione da Dio per il peccato.
6.
Per me tu fosti, figlio mio, come quell'uomo che vide un compagno rabbrividire
dal freddo e, presa una brocca d'acqua, gliela versò addosso.
7.
Neppure se mi avessi ucciso, figlio mio, saresti riuscito a prendere il mio
posto. Avresti infatti capito, o figlio, che la coda di un maiale, quand'anche
crescesse di sette cubiti, non può sostituire (quella di) un cavallo e che il
suo pelo, quand'anche fosse liscio e venisse tessuto, non coprirà mai il corpo
di un uomo libero 71.
8.
Figlio mio, io dissi che mi saresti succeduto e che avresti ottenuto e ereditato
la mia casa e i miei beni; ma la cosa non piacque a Dio ed Egli non ascoltò la
mia voce.
9.
Per me tu fosti, figlio mio, come un leone che ha incontrato un asino all'alba
di un giorno e gli disse: "Benvenuto, o proprietario terriero!" 72.
L'asino gli rispose: "Un benvenuto simile a quello che mi dài sia
(rivolto) a quel (proprietario) che ieri sera mi ha legato perché non vedessi
il tuo volto, ma non ha stretto il nodo".
10.
Figlio mio, su un letamaio fu collocata una trappola e un passero che venne la
vide e le disse: "Che cosa fai qui?". Gli rispose la trappola:
"Sto pregando Dio". Le disse il passero: "Che cos'è allora ciò
che tieni in bocca?". La trappola rispose: "Del pane per i
passanti". Allora il passero si avvicinò e lo prese e la trappola lo
acchiappò sul collo. Sconvolto, il passero disse: "Se questo è il pane
per i passanti, Iddio che tu stai pregando non ascolti la tua voce".
11.
Tu fosti, figlio mio, come un bue che fu legato assieme a un leone e il leone si
rigirò e lo sbranò.
12.
Per me tu fosti, figlio mio, come un bacherozzo dei cereali che ha distrutto i
granai del re pur essendo del tutto insignificante.
13.
Per me tu fosti, figlio mio, come una pentola a cui fecero le anse d'oro, ma dal
cui fondo non è stata raschiata la fuliggine.
14.
Per me tu fosti, figlio mio, come quel contadino che seminò con venti moggi
d'orzo un campo che, quando fu mietuto, gli rese (solo) venti moggi. Egli allora
gli disse: "Quel poco che ho sparso l'ho raccolto, ma tu vergognati del tuo
cattivo nome per aver fatto un moggio di un moggio: io infatti (come) vivrò?".
15.
Per me tu fosti, figlio mio, come un uccello da richiamo 73, che non salva s‚
stesso dalla morte e con la sua voce ammazza i suoi compagni.
16.
Per me tu fosti, figlio mio, come il capro che conduce i suoi compagni nel
mattatoio, ma non salva se stesso.
17.
Per me tu fosti, figlio mio, come quel cane che entrò nella fornace dei vasai
per scaldarsi e che, dopo essersi riscaldato, si mise ad abbaiare contro di loro
74.
18.
Per me tu fosti, figlio mio, come quel maiale che si era recato ai bagni e che,
quando uscì e vide una pozza di fango, vi scese dentro e vi sguazzò, dicendo
ai suoi compagni: "Venite a lavarvi!" 75.
19.
Figlio mio, il mio dito è (rivolto) alla tua bocca e il tuo dito è (rivolto)
ai miei occhi. Perché ti alleverò, o volpe, se i tuoi occhi guardano delle
mele? 76.
20.
Figlio mio, il cane che mangia parte della selvaggina diventa preda dei lupi; il
braccio inoperoso viene tagliato dalla sua ascella e l'occhio che non ha vista
viene strappato via dal corvo.
21.
Che mi hai fatto di bene, o figlio, affinché l'anima mia ti ricordasse e fosse
consolata da te? 77.
22.
Figlio mio, se gli dèi rubassero, per quale ragione li chiamerebbero a
testimonianza? E un leone che rubasse della terra come potrebbe sedersi a
mangiarla? 78.
23.
Io, figlio mio, ti ho mostrato il volto del re e ti ho portato a grandi onori;
tu invece hai cercato (solo) di nuocermi.
24.
Per me tu fosti, figlio mio, come l'albero che disse ai suoi abbattitori:
"Se non aveste avuto in mano qualcosa di mio, non mi avreste
aggredito" 79.
25.
Per me tu fosti, figlio mio, come i rondinotti che caddero dal nido e li
raccolse il gatto. Questi disse loro: "Se non ci fossi stato io, vi sarebbe
toccata una grande sventura". Gli risposero: "E' per questo che ci hai
messi nella tua bocca?".
26.
Per me tu fosti, figlio mio, come quel gatto a cui andavano dicendo:
"Smettila di rubare e potrai entrare e uscire dalla casa del re come ti
aggrada". Esso rispose: "Anche se avessi gli occhi e le orecchie
d'argento io non smetterei di rubare".
27.
Per me tu fosti, figlio mio, come un serpente che fu messo su un rovo e gettato
in un fiume. Li vide un lupo e disse loro: "Un malvagio cavalca un malvagio
e uno più malvagio di loro due se li porta via". Gli rispose il serpente:
"Se tu venissi qui, pagheresti il fio per le capre e i loro piccoli".
28.
Io, o figlio, ho visto una capra che fu portata al mattatoio, ma, poiché il suo
tempo non era ancora venuto, ritornò al suo luogo e vide i suoi figli e i figli
dei suoi figli.
29.
Figlio mio, ho visto puledri diventare gli uccisori delle loro madri.
30.
Figlio mio, ti ho cibato di ogni cosa gustosa; tu invece, o figlio, mi hai
nutrito di pane (misto) a polvere e non potei saziarmi.
31.
Io, o figlio, ti ho unto con olii aromatici; tu invece, figlio mio, hai
insozzato il mio corpo con la polvere.
32.
Io, o figlio, ti ho fatto crescere in statura come un cedro; tu invece, figlio
mio, hai prostrato la mia vita e mi hai stordito con la tua malvagità.
33.
Figlio mio, ti ho reso grande come una torre e mi sono detto: "Se il nemico
verrà contro di me, salirò e abiterò in te". Tu invece, come vedesti il
mio nemico, t'inchinasti davanti a lui.
34.
Per me tu fosti, figlio mio, come una talpa che salì da sotto terra per vedere
il sole 80, sebbene non avesse gli occhi; ma la vide un'aquila, che la colpì e
se la portò via.
Mio
figlio Nadan mi rispose dicendo: "Dio non voglia, Achicar padre mio, che tu
faccia queste cose! Trattami secondo la tua misericordia. Anche Dio infatti
perdona agli uomini il loro peccato 81; perciò perdonami anche tu questa offesa
e accudirò ai tuoi cavalli e pascolerò i porci di casa tua. Io posso essere
chiamato malvagio, ma tu non tramare contro di me". Io gli risposi dicendo:
35.
Per me tu fosti, figlio mio, come quella palma che sorgeva presso un fiume e che
gettava tutti i suoi frutti in esso. Quando venne il suo padrone per tagliarla,
essa gli disse: "Perdonami per quest'anno e ti farò delle carrube".
Il suo padrone le disse: "Sei stata inoperosa in ciò che è tuo; come puoi
essere operosa in ciò che tuo non è?".
36.
Figlio mio, a un lupo dicevano: "Perché insegui le pecore?". Rispose:
"La loro polvere giova molto ai miei occhi". Lo portarono inoltre in
una scuola e il maestro gli disse: "Alfa, beta", e il lupo gli
rispose: "Capretto, agnello" 82.
37.
Figlio mio, ti ho insegnato che Iddio esiste, ma tu insorgi contro i buoni
servitori e frusti quelli che sono innocenti. Così come Iddio ha conservato me
in vita per la mia rettitudine, distruggerà te per le tue azioni.
38.
Figlio mio, misero la testa di un asino in un piatto su un vassoio. Essa rotolò
giù e cadde nella polvere. Si disse allora che era in collera con s‚ stessa e
che non accettava l'onore.
39.
Tu, figlio mio, hai confermato il proverbio che dice: "Chiama chi hai
generato tuo figlio e chi hai acquistato tuo schiavo".
40.
Figlio mio, è verace il proverbio che dice: "Il figlio di tua sorella
prendilo sotto la tua ascella e scaglialo contro una roccia". Ma Iddio che
mi ha salvato la vita giudicherà tra di noi.
In
quello stesso momento Nadan gonfiò come un otre 83 e morì.
41.
Chi si comporta bene viene ricompensato col bene e chi fa il male viene
ricompensato con la sventura. Chi scava una fossa per il suo vicino la riempie
con la sua persona.
Sia
lode a Dio e su di noi la sua misericordia. Amen.