Le apparizioni

Secondo il racconto tradizionale, Juan Diego avrebbe visto per la prima volta la Madonna la mattina del 9 dicembre 1531, sulla collina del Tepeyac vicino a Città del Messico. Ella gli avrebbe chiesto di far erigere un tempio in suo onore ai piedi del colle: Juan Diego corse a riferire il fatto al vescovo Juan de Zumarrága, ma questi non gli credette. La sera, ripassando sul colle, Juan Diego avrebbe visto per la seconda volta Maria, che gli avrebbe ordinato di tornare dal vescovo l'indomani. Il vescovo lo ascoltò di nuovo e gli chiese un segno che provasse la veridicità del suo racconto.

Juan Diego tornò quindi sul Tepeyac ove avrebbe visto per la terza volta Maria, la quale gli avrebbe promesso un segno per l'indomani. Il giorno dopo, però, Juan Diego non poté recarsi sul luogo delle apparizioni in quanto dovette assistere un suo zio, gravemente malato. La mattina dopo, 12 dicembre, lo zio appariva moribondo e Juan Diego uscì in cerca di un sacerdote che lo confessasse.

Ma Maria gli sarebbe apparsa ugualmente, per la quarta e ultima volta, lungo la strada: gli avrebbe detto che suo zio era già guarito e lo avrebbe invitato a salire di nuovo sul colle a cogliere dei fiori. Qui Juan Diego trovò il segno promesso: dei bellissimi fiori di Castiglia, fioriti fuori stagione in una desolata pietraia. Egli ne raccolse un mazzo nel proprio mantello e andò a portarli al vescovo.

Di fronte al vescovo e ad altre sette persone presenti, Juan Diego aprì il mantello per mostrare i fiori: ed ecco, all’istante sulla tilma si sarebbe impressa e resa manifesta alla vista di tutti l'immagine della S. Vergine Maria. Di fronte a tale presunto prodigio, il vescovo cadde in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagnò il presule al Tepeyac, per indicargli il luogo in cui la Madonna avrebbe chiesto Le fosse innalzato un tempio e l'immagine venne subito collocata nella cattedrale.

N.S. di Guadalupe

Nostra Signora di Guadalupe è l'appellativo con cui i cattolici venerano Maria in seguito a una presunta apparizione che sarebbe avvenuta in Messico nel 1531.

Secondo il racconto tradizionale, Maria sarebbe apparsa a Juan Diego Cuauhtlatoatzin, un azteco convertito al cristianesimo, sulla collina del Tepeyac a nord di Città del Messico, più volte tra il 9 e il 12 dicembre 1531. Il nome Guadalupe sarebbe stato dettato da Maria stessa a Juan Diego: alcuni hanno ipotizzato che sia la trascrizione in spagnolo dell'espressione azteca Coatlaxopeuh, "colei che schiaccia il serpente" (cfr. Genesi 3,14-15).

A memoria dell'apparizione, sul luogo fu subito eretta una cappella, sostituita dapprima nel 1557 da un'altra cappella più grande, e poi da un vero e proprio santuario consacrato nel 1622. Infine nel 1976 è stata inaugurata l'attuale Basilica di Nostra Signora di Guadalupe.

Nel santuario è conservato il mantello (tilmàtli) di Juan Diego, sul quale è raffigurata l'immagine di Maria, ritratta come una giovane indiana: per la sua pelle scura ella è chiamata dai fedeli Virgen morenita ("Vergine meticcia"). Nel 1921 Luciano Pèrez, un attentatore inviato dal governo, nascose una bomba in un mazzo di fiori posti ai piedi dell'altare; l'esplosione danneggiò la basilica, ma il mantello ed il vetro che lo proteggeva rimasero intatti.

L'apparizione di Guadalupe è stata riconosciuta dalla Chiesa cattolica e Juan Diego è stato proclamato santo da papa Giovanni Paolo II il 31 luglio 2002. Secondo la dottrina cattolica queste apparizioni appartengono alla categoria delle rivelazioni private.

La Madonna di Guadalupe è venerata dai cattolici come patrona e regina del continente americano. La sua festa si celebra il 12 dicembre, giorno dell'ultima apparizione. In Messico il 12 dicembre è festa di precetto.

Il Santuario

Il santuario di Caravaggio è un monumentale edificio di culto situato nel territorio del comune di Caravaggio, in Lombardia, e dedicato alla Madonna del Fonte.

L'erezione dell'attuale tempio mariano, fortemente voluto dall'arcivescovo Carlo Borromeo, iniziò nel 1575 dietro progetto dell'architetto Pellegrino Tibaldi (detto il Pellegrini), sul luogo esatto dell'apparizione; alternando fasi di sviluppo a lunghi intervalli, l'opera di costruzione si protrasse fino ai primi decenni del XVIII secolo, con numerose modifiche, seppur di poco conto, rispetto al progetto originario del Pellegrini.

Già nel 1432 il vicario foraneo del vescovo di Cremona, Bonincontro De' Secchi, aveva voluto porre sullo stesso luogo dell'apparizione - il campo del Mezzolengo - la prima pietra per l'erezione di una cappelletta votiva, successivamente soppiantata dall'attuale tempio mariano.

Il tempio monumentale sorge al centro di una vasta spianata circondata da portici simmetrici su tutti e quattro i lati, che corrono, con 200 arcate, per quasi 800 metri. Nel piazzale antistante il viale di collegamento con il centro cittadino si trova un obelisco che, attraverso le sue iscrizioni, ricorda i diversi miracoli attribuiti dalla tradizione cattolica alla Madonna di Caravaggio. Poco oltre l'obelisco si trova una fontana di grosse dimensioni, la cui acqua passa sotto il Santuario, raccoglie quella del Sacro Fonte e confluisce nel piazzale posteriore, dove viene raccolta in una piscina a disposizione degli infermi per immergere le membra m
alate.

L'incoronazione

Due anni durò la preparazione per la solenne coronazione dell’immagine della Madonna apparsa a Giannetta e dei festeggiamenti di circostanza.
Da quando (1708) arrivò da Roma ai Deputati della Schola S. M. la notizia che il Capitolo della Basilica di S. Pietro, esecutore delle volontà testamentarie di Alessandro Sforza, aveva la più bella delle tre corone d’oro destinate ai più celebri santuari della Vergine Maria – e perciò al Santuario di Santa Maria del Fonte – si cominciò, a cura della Schola S. M. con l’aprire le mura del Borgo in dirittura della Basilica, tracciando un tratto di viale di congiungimento alla strada dritta che già portava all’ingresso principale della Chiesa ed edificando una porta monumentale: Porta Nuova.
Per il 1710 si allestiscono addobbi trionfali dentro e fuori la nuova porta con varie iscrizioni latine, inneggianti a Roma, dalla quale veniva la corona, e alla Casa Sforza Visconti del marchesato di Caravaggio.
Le iscrizioni sull’arco trionfale al termine del viale e sopra la porta principale della Basilica esaltano la Vergine Maria coronata e Alessandro VIII Sforza che le aveva destinato il diadema. Anche le porte del tempio vennero addobbate e ornate di simboli e scritte.

Giovanni Maria Tadino, l’ ”Anonimo barnabita” che scrisse appositamente la cronaca dettagliata dell’avvenimento, annota nella sua Storia dell’origine, progresso e prodigi del Santuario di N. Signora di Caravaggio:
Non si trascurò di rinovare in molti luoghi del Tempio gli stucchi, le indorature, i freggi; si lustrarono i pavimenti, le vetriate, le statue, le mura, i marmi; si provvidero d’ogni convenevole arredo tutti gli altari; si lavorarono tinte in chermisi 3500 braccia di damasco a disegno, esprimente Maria apparita a Giovannetta; stimarono bene di esporre al pubblico la strabondevole quantità di Voti d’argento ed oro, ma con bell’ordine distribuiti in più di cento tavole, e queste in varie tinte vagamente inverniciate, e colorite; ed i gran volti del Tempio a incredibile consumo di sete in colori d’ogni sorta, con tal diligenza, ed artificio così fare li fecero soppannati, che sembravano lavorati a pennello di miniatura.
Tre giorni, 28. 29. 30 settembre, durarono i festeggiamenti.

Il vescovo di Cremona e legato del Pontefice Clemente XI, mons. Carlo Ottaviano Guaschi, giunse il 27 settembre.
Fù egli incontrato a’ confini di Crema da quasi tutta la Signoria del Castello, montata a cavallo, il principale della quale era il signor presidente al Santo Luogo, dell’illustrissima già rinomata famiglia Secca; seguitavano in varie carrozze, oltre lo reverendissimo Padre abbate Cistercense co’ suoi Monaci, altri titolati Sacerdoti, semplici Preti, Secolari, e Regolari il cocchio di Mosignore, cui precedendo la decorosa vanguardia della Cavalleria sudetta, sotto il suono di tutte le campane, così fu introdotto in Caravaggio, e da Caravaggio a dirittura par la gran strada reale fino al Tempio di Nostra Signora servito. Alla porta principale d’esso Tempio la piena residenza di quel Clero, in tutta forma lo accolse, il signor Prefetto a tutta norma lo complimentò, indi successivamente corteggiato al faldistorio, in Cappella maggiore, dove adorò, ivi in tanto a più cori di musica le Litanie con la Salve vi udì, e poscia calatosi nel Santuario disposto a vista del privato levamento della sacra statua di Nostra Signora, che per mano del signor Prefetto, e suoi Ministri si fece per collocarla come in trono sopra ricchissimo alto palco, situato al lato dell’Altar maggiore, vagamente illuminato a più cerei, e lampadi, e lumiere ardenti; con ciò a sera già molto avvanzata terminò Monsignore la giornata prima del futuro arrivo.

La corona, depositata nella chiesa parrocchiale di Caravaggio, fu processionalmente portata al Santuario il giorno 29 settembre, “il più festivo”.
Allora Monsignore chiamato il Notajo e testimoni ordinò che in ogni più giuridica forma si rogasse l’atto del consegnarla, ch’egli faceva per delegazione di Roma a’ signori Presidenti della Chiesa di Nostra Signora di Caravaggio, a nome de’ quali fu ricevuta da quel signor Prefetto, che la ripose sulla Mensa dell’Altar maggiore, espressamente dichiarando, come voleva, che coronato il Capo di essa statua di nostra Signora, vi rimanesse, per sempre, senza arbitrio ad alcuno, o di levarla o di alienerla giammai.
Al termine della Messa pontificale, la cerimonia dell’incoronazione:…Salitovi poscia anche Monsignore illustrissimo in tutta parata vescovile, con l’assistenza di Monsignor Arciprete, ed altri più scelti del Clero, profondamente inchinata la sagratissima statua, genuflesso l’adorò, l’incensò; poi intonato l’inno: Te Matrem Dei laudamus, alla prolazione del quale, ecco s’udì un ripiglio di Paradiso da tutti i cori; ecco tutte le campane toccarono a festa, e più ordini di regolare fila di mortaretti fecero salve vivaci; nel frattanto di ciò, da uno de’ suoi Ministri, ricevuto nelle proprie mani l’augusto diadema, trà li giubili e affetti e tenerezze verso Maria di tutto il gran popolo, che di contentezza piangea, finalmente il prelato arrivò al glorioso preggio di coronarle il Capo.

La statua coronata venne nel sotterraneo antico Santuario riportata dopo i solenni Vespri alla sera del 30 settembre. Il vescovo dappoi che coronatole il capo, col più riverente rispetto supplicò la Sovrana clementissima per l’aggradimento d’una preziosa Crocetta d’oro gemmata che le offerì a ornamento del collo. Un anello di diamanti, arredi, somme di danaro arricchirono per l’occasione il “tesoro della Madonna”.
Ad ammirare e festeggiare la Madonna incoronata tanto v’intervenne di popolo, da fecondarne un intero Stato, e tanto pur anco di nobiltà da formarne la corte d’un gran Re.

La devozione

"Voglio che tu dica", continua l'antico racconto, "...che dopo il vespro festeggino ogni sabato per devozione a me. Quella metà giornata devono dedicarla a me per i molti e grandi favori che hanno ottenuto dal mio Figlio per mia intercessione".
Anche quando la Vergine appare a chiedere preghiere, cosa continua ad accadere che sia diverso da quanto avvenne nella prima generazione dei discepoli? "Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di Lui". Un luogo dove pregare e celebrare il sabato dedicato in riconoscenza a Chi aveva interceduto "per sette anni" non venne efficacemente richiesto dalla Comparsa a Giannetta.

Ma alla comunità di Caravaggio parve che la costruzione di una casa di preghiera e di un luogo d'ospitalità per malati e pellegrini fosse la testimonianza più reale del ringraziamento per la grazia ricevuta. I suoi rappresentanti domandarono dunque al vescovo di poter edificare una chiesa e un ospedale: l'evento dell'Apparizione fioriva in preghiera e carità operosa.

Dunque per chi accoglie il messaggio dell'Apparizione nella sua integrità e nelle sue conseguenze, l'appello a conversione è un invito alla fede nel Dio che salva, e a una fede che trasformi la vita. Non evasione intimistica in una spiritualità pavida e pessimista; non appena ritorno a pratiche religiose ma passione per la costruzione della Chiesa nel mondo, ma centralità ridonata ai sofferenti, ai malati, ai poveri nella casa di Dio e nella comunità umana.
Il frutto del ritorno a Dio e dell’amore vissuto per il prossimo è la gioia, la festa. La “grazia ricevuta” per intercessione di Maria giustamente esige riconoscenza; che però non è un puro dovere ma un’allegrezza.
In Santuario non si può non cantare il Magnificat “per la misericordia che di generazione in generazione si stende su chi ha il santo timor di Dio”; non si può non “fare festa” per il ritrovamento di chi “era perduto” ed è tornato alla casa del Padre.
Se Maria, la madre, insieme con Gesù e i discepoli partecipa alle nozze non mancherà “il vino buono tenuto in serbo sino a ora”.

L'irradiazione della notizia dell'Apparizione e del suo messaggio, soprattutto la fama dei "miracoli" deve aver avuto da subito un'estensione molto ampia, oltre che immediata. La conferma viene già dalla relazione fatta a Cremona nel luglio 1432: in grazia dell'Apparizione quelle terre hanno cominciato a brillare e risplendere per i prodigi che avvenivano, e crebbe devozione così grande che a quel luogo affluiscono fedeli da ogni parte cui sia pervenuta la fama di essa.
E non si tratta di esagerazione, come si potrebbe sospettare. Secondo la nota dei "miracoli" e delle "grazie ricevute" ritrovata nel 1603 e contenuta in un "memoriale antico" scritto in lingua latina è già documentatoche i fedeli che accorrono alla fonte miracolosa, fin dal mese di luglio 1432 a tutto il 15 maggio 1433, giungono davvero da ogni parte: città o paesi delle diocesi di Milano, Bergamo, Lodi, Pavia, Mantova, Varese; dal Lago Maggiore e dalla Valtellina; dai territori di Parma, Piacenza e Valnure, Fiorenzuola, Carpi, Reggio, Bologna, Imola; da Novara, Tortona, Vercelli, Torino, Chieri, Saluzzo, Acqui, Valsesia; dalla Savoia e dalle terre di Genova; da Macerata nelle Marche e dall'Abruzzo; e arrivano addirittura numerosi pellegrini dalla Provenza… Giungono o passano uomini d'arme o di corte di Firenze, di Napoli, delle Puglie, dalla Spagna, dalla Germania... e c'è perfino un prete della Polonia. Pochissimi sono segnati dai paesi vicini, e nessuno dei "miracoli" registrati riguarda per quegli anni persone di Caravaggio.
 
I fatti straordinari spiegano la spontanea rapidità iniziale dell'afflusso dei malati e dei pellegrini e, a loro volta, favoriscono anche il diffondersi della devozione all'immagine dell'Apparizione specialmente con la costruzione di edicole, cappelle e santuari. Incredibile il numero di raffigurazioni dipinte su muro.
Non c'e regione dell'Italia settentrionale, dal Piemonte alla Liguria, dalla Lombardia alle Venezie, dall'Emilia alla Campania e alla Sicilia in cui la Madonna di Caravaggio non abbia devoti e luoghi di venerazione.

Tra i tanti, per antichità si segnalano Novara (1494, e fors'anche prima durante la permanenza di Marco Secco come podestà e rappresentante del duca di Milano), Chiari (tra il 1500 e il 1600), Napoli (dai primi del '600). A proposito di Napoli è da tener presente che la marchesa di Caravaggio Costanza Colonna, figlia di Marc’Antonio Colonna il vincitore di Lepanto, aveva la sua casa in Napoli a Chiaia. Nel palazzo della sua famiglia in piazza Santi Apostoli a Roma per dieci anni (1592-1602) aveva dimorato come teologo consultore, cappellano di palazzo e assistente spirituale san Giuseppe Calasanzio, pioniere in Europa della scuola popolare e gratuita. Il santo fondatore delle Scuole Pie nel 1627 aprì una sede per il noviziato dei suoi futuri maestri nel rione Caravaggio vicino a Porta Reale in Napoli; dall’anno precedente centinaia di ragazzi avevano cominciato a frequentare la scuola nel rione napoletano della Duchesca e molte erano le richieste per aprirne altre. A Chiaia in casa della marchesa di Caravaggio fu ospite per qualche tempo – bandito da Roma e di ritorno da Malta – anche Michelangelo da Caravaggio: fatti che spiegano, più di altre congetture, perché vi sia un altare dedicato alla Madonna di Caravaggio nella chiesa dei Barnabiti, subentrati agli Scolopi a Napoli, e perché qualcuno abbia attribuito il dipinto dell’Apparizione a Michelangelo Merisi.

La chiesa ora parrocchiale nel quartiere di Napoli Barra, annessa alla villa Pignatelli-Monteleone e ancor oggi parte integrante di essa, risale al duca Ettore Pignatelli che fece edificare un oratorio dedicato alla Beata Vergine di Caravaggio implorando per sé e per i suoi familiari dal Papa Clemente XIII (20 gennaio 1767) un’indulgenza a modo di suffragio ogni volta che fosse celebrata la Messa all’altare della Madonna. La tela settecentesca raffigurante l’Apparizione che si trova sull’altare maggiore è attribuita alla scuola di Francesco Solimena.
… Ultimamente in Gabianeta (Gabbioneta) terra su ‘l Cremonese, scrive Francesco Belluomo nel suo Il Sacro Fonte (Codogno, 1645, p. 186) presso alla riva del fiume Oglio, dove in una capelletta era stata eretta un effigie di lei, che operando diverse gratie miracolose mosse la divotione del popolo, ad ergerle ivi una divota Chiesa, come si fece, sì che pare, si possa rassomigliare in qualche modo alla Madonna principalissima di Loreto, le cui Imagini ancora sogliono essere miracolose.
A Parma nella chiesa di san Vitale si venera un immagine secentesca della Madonna di Caravaggio, voluta dalla duchessa Dorotea Sofia di Neuburg, sposa di Odoardo II Farnese duca di Parma e Piacenza.
La devozione alla Madonna di Caravaggio a Palermo, invece, è relativamente recente (1898).

Appello alla conversione

Se sono state da sempre variamente illustrate, la storia e le tradizioni, le devozioni e l'arte che hanno reso celebre il Santuario di Caravaggio nei secoli per quanto sorprendente possa sembrare, il messaggio dell'Apparizione è quasi del tutto ignorato e per di più ha continuato a rimanere senza commento.
E’ vero che ci è stato trasmesso in una forma e in un genere letterario che non sono più della nostra cultura, anche teologica. Ma il fatto strano è che pure nei secoli passati l'attenzione e la devozione suscitata dall'evento del 26 maggio 1432 sembra essersi polarizzata più sulla "fontana dei miracoli" che sulle pa­role della Madonna a Giannetta.
Quali parole? Riascoltiamole in una traduzione la più fedele possibile al testo dell'antico racconto "autorizzato" tramandatoci dagli atti della visita pastorale del vescovo Speciano:
"Ascolta bene e ricorda. Voglio che tu riferisca ovunque potrai, o faccia dire, questo: l'altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell'iniquità degli uomini. Essi fanno ciò che è male ogni giorno più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe. Perciò voglio che tu dica a tutti e a ognuno che digiunino a pane e acqua ogni venerìi in onore del mio Figlio…"

Al di la del rivestimento verbale e delle espressioni usate, il messaggio nella sua essenzialità è lo stesso - del resto non potrebbe essere altro - che risuona dall'Antico al Nuovo Testamento, dall'una all'altra testimonianza profetica concentrata nell'appello di Gesù: "Convertitevi e credete al Vangelo... Il tempo della salvezza è venuto... Il Regno di Dio si realizza".

Al di là del rivestimento culturale e letterario, l'analisi obiettiva delle parole dell'Apparizione di Caravaggio nella loro sostanza e sobrietà ci porta dunque ad un unico messaggio: "Convertitevi e credete al Vangelo", quasi che la Madre del Redentore abbia voluto apparire qui per ripetere in quel tempo e per ogni tempo le ultime sue parole riferite dall'evangelista Giovanni: "Fate quello che vi dirà".
E anche se accompagnato da premonizioni e dalla minaccia di castighi - lo stesso Figlio di Dio quando venne tra gli uomini non tacque la contestazione profetica della “durezza del cuore” e il giudizio incombente per chi non si converte - è pur sempre un appello alla conversione allietato con la promessa di una misericordia già accordata al peccatore che si pente.
Né deve ritenersi inattuale il richiamo al digiuno e a pratiche devozionali. La vita cristiana, oltre che conversione continua, è anche penitenza mortificatrice; e la fede, fatta salva la sua purezza essenziale, non rifugge dall'esprimersi nella religiosità che si riveste di forme variabili nella diversificazione di culture e tempi.
Qualcuno teme che l’importanza attribuita ai messaggi dell'Apparizione della Madonna e alla stessa Vergine Maria come messaggera, oppure ai suoi fortunati veggenti, rischi di snaturare e oscurare il ruolo centrale di Gesù Cristo e della Chiesa, di sminuire la necessità di credere al Vangelo nella sua integrità radicale orientando piuttosto gli animi a verità e rivelazioni che non sono necessarie alla salvezza. Ma è proprio questa la discriminante tra le vere apparizioni e quelle presunte: le apparizioni autentiche fanno rivivere il Vangelo; Maria e i santi conducono a Dio e al suo inviato Gesù Cristo, unico salvatore degli uomini.
Non solo nel tempo di Gesù, ma anche nel tempo della Chiesa - per noi è questo nostro tempo - alla madre di Cristo continua ad essere affidata la missione di predisporre gli uomini all'avvento del Signore. Maria, figura tipica della stessa comunità cristiana "profeta dei tempi nuovi", è madre con la Chiesa e nella Chiesa anche della seconda venuta di Gesù in gloria. Con la Chiesa e nella Chiesa "pellegrina sulla terra" Maria è dentro il popolo di Dio in cammino per condurre tutta l'umanità incontro al Cristo.

Il messaggio

Le lacrime agli occhi, le mani aperte come afflitta

Il pianto della Madonna a Caravaggio, come anche il messaggio sul quale si deve invece meditare a lungo, non è quasi mai stato sottolineato. Eppure Giannetta aveva colto, impressionata, quelle lacrime e quell’afflizione della Madre di Cristo: la Madonna parla con le lacrime agli occhi. E’ vero che le sembrano oro luccicante, ma è perché non possono non colpirla. A mani aperte e come afflitta la Vergine confida la propria pena e nello stesso tempo la propria compassione interceditrice a Giannetta. Il dolore della Vergine è il dolore del suo Figlio, provocato fino alla minaccia di castigo per i peccati degli uomini come nel Vangelo: “… se non farete penitenza, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13, 3.5).
E c’era motivo, se pensiamo a quegli anni di storia travagliata per la Chiesa e alle violenze del tempo perpetrate nella stessa terra di Caravaggio.
Per la situazione politica nel territorio di Gera d’Adda va ricordato che fin dall’inizio del 1431 si erano riaccese le ostilità tra la repubblica veneta e il ducato di Milano. Caravaggio ne costituirà come uno snodo cruciale per non pochi anni durante tutto il secolo XV. Tra il 1432 e il 1441, tra il 1448 e il 1453 Caravaggio va e torna sotto il dominio di Milano e Venezia, e viene fatta teatro di battaglie, tregue, negoziazioni di “capitoli” dall’una e dall’altra parte che permettano ai suoi abitanti di sopravvivere. La pace, le paci, erano precarie. La Gera d’Adda resterà con Milano in relativa tranquillità fino al 1499. Poi per altri dieci anni circa ritornerà sotto Venezia.

Una fonte mai vista prima

“Nostra Signora del fonte” viene oggi denominato il Santuario di Caravaggio. Per molti secoli invece il luogo e la chiesa dell’Apparizione erano indicati come “Santa Maria alla fontana”. E questo modo di scrivere aveva una ragione precisa.
Il prato Mazzolengo era parte di una vasta campagna che circondava Caravaggio e non si trovava certo in un luogo “incolto arido e selvatico… sapendo certissimo che qui non v’era né fontana, né altra sorgiva d’acqua”, come comincia a scrivere nell’Historia del 1599 Paolo Morigi, storico dell’epoca.
La smentita viene dalla relazione dei rappresentanti di Caravaggio recepita nelle “lettere patenti” di Antonio Aleardi, vicario generale del vescovo Venturino: la Madonna appare in località chiamata Mazzolengo dove da sempre c’era e c’è tuttora una fontana; appare proprio “nei pressi” (prope fontem) di essa così che il luogo risulta essere ben individuato, a distanza di alcune decine di passi.

Gli abitanti di Caravaggio sapevano che sulla strada che porta a Misano nella campagna “al Mazzolengo” si trova una grande sorgiva ben identificata e che quei terreni, come molti altri in zona, sono ricchi di sorgive.
Giannetta falcia la sua erba su quei terreni ma dove la Madonna in quel giorno le appare non c’è né si vede nessuna sorgiva. Per questo alla gente che accorre viene dato di trovare “una fonte mai vista prima”. E solo perché chi si bagna in quell’acqua viene risanato dai propri mali quella sorgiva diverrà “il sacro fonte”. E solo perché il leggendario incredulo che vi getta il legno secco nella speranza che in qualche modo venga la prova certa o la smentita dell’asserita Apparizione (come Tommaso apostolo: “… se non vedrò… se non toccherò con le mie mani… non crederò”) lo vede trasformato in virgulto fiorito, quella fonte gli si certificherà come “la fontana dei miracoli”.

ll segno dell’acqua e il Vangelo

A suo modo la fontana dei miracoli rende presente, qui e ora il Vangelo. Lo avevano ben compreso fin dagli inizi gli antichi testimoni che "registravano" le guarigioni con fraseologia evangelica: "Adi soprascritto (10 d'agosto 1432). Stefano, figliuolo di Gabriello di Zenalij di Trevì (Treviglio), d'età d'anni quattro, mai haveva havuto l'uso dell'andare, si come testificò sua madre, ma subito che fu lavato nella Fontana caminò co'soli suoi piedi securamente senz'altrui sostegno".

Il segno dell'acqua accompagna la storia del popolo dell'antica e della nuova Alleanza e caratterizza molti Santuari dove la Madre di Gesù è apparsa. Non per nulla la presenza di Lei è stata "determinante" quando il Cristo compì il primo dei suoi segni cambiando l'acqua in vino. Per mezzo dell'acqua Egli ha pure operato guarigioni del corpo e dello spirito. Il peccato del mondo è lavato dall'acqua e dal sangue sgorgati dal suo Cuore trafitto e, per il dono dello Spirito, sono generati a vita nuova i rinati nell'acqua del battesimo.
Quando sui piazzali del Santuario si portano i malati e si fanno passare dal Sacro Fonte pregando per la loro guarigione, quando le folle accorrono a questo luogo in pellegrinaggio per attingere alle sorgenti della grazia non appena materiale; quando la devozione spinge il popolo dei fedeli a chiedere "qualunque cosa" a Gesù, interponendo l'intercessione della Madre (... "Non hanno più vino"!) con la fiducia che lo farà, si può dire che si condiscende a forme sentimentali e non razionali di fede e ci si rifugia appena in una preghiera di tipo consolatorio?
Qui Gesù passa ancora in mezzo all'umanità, operando "con la potenza dello Spirito" nella sorgente di acqua viva, sempre vivo anche se misteriosamente presente sotto il segno eucaristico.

E quando all'incontro della folla con Lui avvengono grazie di conversione dei cuori e di guarigione dalle infermità fisiche è pur sempre attraverso i segni e le mediazioni dell'incarnazione del Cristo, di nuovo e a continuazione dell'"anno di grazia del Signore" che viene offerta la possibilità di accostare e raggiungere, nel Signore Gesù, l'unico dono della grazia di Dio.

Il segno dell’acqua, tuttavia oltre che conferma della credibilità dell’attestazione di Giannetta, è l’espressione della potenza sanante della grazia di Dio, che opera per intercessione di Maria dopo la sua apparizione.
"La gente non crederà a me", disse Giannetta.
Ma la clementissima Vergine rispose: "Alzati, non temere. Tu riferisci quanto ti ho ordinato; io confermerò le tue parole con segni così grandi che nessuno dubiterà che tu hai detto la verità". ... e fatto il segno della croce su Giannetta, scomparve ai suoi occhi".
Così riferisce ancora il testo dell'antico racconto. I “segni così grandi” che hanno confermato il messaggio: sono dunque la fonte mai veduta prima da nessuno; gli ammalati liberati dalle infermità di cui soffrivano.

Sottocategorie