L'incoronazione

Due anni durò la preparazione per la solenne coronazione dell’immagine della Madonna apparsa a Giannetta e dei festeggiamenti di circostanza.
Da quando (1708) arrivò da Roma ai Deputati della Schola S. M. la notizia che il Capitolo della Basilica di S. Pietro, esecutore delle volontà testamentarie di Alessandro Sforza, aveva la più bella delle tre corone d’oro destinate ai più celebri santuari della Vergine Maria – e perciò al Santuario di Santa Maria del Fonte – si cominciò, a cura della Schola S. M. con l’aprire le mura del Borgo in dirittura della Basilica, tracciando un tratto di viale di congiungimento alla strada dritta che già portava all’ingresso principale della Chiesa ed edificando una porta monumentale: Porta Nuova.
Per il 1710 si allestiscono addobbi trionfali dentro e fuori la nuova porta con varie iscrizioni latine, inneggianti a Roma, dalla quale veniva la corona, e alla Casa Sforza Visconti del marchesato di Caravaggio.
Le iscrizioni sull’arco trionfale al termine del viale e sopra la porta principale della Basilica esaltano la Vergine Maria coronata e Alessandro VIII Sforza che le aveva destinato il diadema. Anche le porte del tempio vennero addobbate e ornate di simboli e scritte.

Giovanni Maria Tadino, l’ ”Anonimo barnabita” che scrisse appositamente la cronaca dettagliata dell’avvenimento, annota nella sua Storia dell’origine, progresso e prodigi del Santuario di N. Signora di Caravaggio:
Non si trascurò di rinovare in molti luoghi del Tempio gli stucchi, le indorature, i freggi; si lustrarono i pavimenti, le vetriate, le statue, le mura, i marmi; si provvidero d’ogni convenevole arredo tutti gli altari; si lavorarono tinte in chermisi 3500 braccia di damasco a disegno, esprimente Maria apparita a Giovannetta; stimarono bene di esporre al pubblico la strabondevole quantità di Voti d’argento ed oro, ma con bell’ordine distribuiti in più di cento tavole, e queste in varie tinte vagamente inverniciate, e colorite; ed i gran volti del Tempio a incredibile consumo di sete in colori d’ogni sorta, con tal diligenza, ed artificio così fare li fecero soppannati, che sembravano lavorati a pennello di miniatura.
Tre giorni, 28. 29. 30 settembre, durarono i festeggiamenti.

Il vescovo di Cremona e legato del Pontefice Clemente XI, mons. Carlo Ottaviano Guaschi, giunse il 27 settembre.
Fù egli incontrato a’ confini di Crema da quasi tutta la Signoria del Castello, montata a cavallo, il principale della quale era il signor presidente al Santo Luogo, dell’illustrissima già rinomata famiglia Secca; seguitavano in varie carrozze, oltre lo reverendissimo Padre abbate Cistercense co’ suoi Monaci, altri titolati Sacerdoti, semplici Preti, Secolari, e Regolari il cocchio di Mosignore, cui precedendo la decorosa vanguardia della Cavalleria sudetta, sotto il suono di tutte le campane, così fu introdotto in Caravaggio, e da Caravaggio a dirittura par la gran strada reale fino al Tempio di Nostra Signora servito. Alla porta principale d’esso Tempio la piena residenza di quel Clero, in tutta forma lo accolse, il signor Prefetto a tutta norma lo complimentò, indi successivamente corteggiato al faldistorio, in Cappella maggiore, dove adorò, ivi in tanto a più cori di musica le Litanie con la Salve vi udì, e poscia calatosi nel Santuario disposto a vista del privato levamento della sacra statua di Nostra Signora, che per mano del signor Prefetto, e suoi Ministri si fece per collocarla come in trono sopra ricchissimo alto palco, situato al lato dell’Altar maggiore, vagamente illuminato a più cerei, e lampadi, e lumiere ardenti; con ciò a sera già molto avvanzata terminò Monsignore la giornata prima del futuro arrivo.

La corona, depositata nella chiesa parrocchiale di Caravaggio, fu processionalmente portata al Santuario il giorno 29 settembre, “il più festivo”.
Allora Monsignore chiamato il Notajo e testimoni ordinò che in ogni più giuridica forma si rogasse l’atto del consegnarla, ch’egli faceva per delegazione di Roma a’ signori Presidenti della Chiesa di Nostra Signora di Caravaggio, a nome de’ quali fu ricevuta da quel signor Prefetto, che la ripose sulla Mensa dell’Altar maggiore, espressamente dichiarando, come voleva, che coronato il Capo di essa statua di nostra Signora, vi rimanesse, per sempre, senza arbitrio ad alcuno, o di levarla o di alienerla giammai.
Al termine della Messa pontificale, la cerimonia dell’incoronazione:…Salitovi poscia anche Monsignore illustrissimo in tutta parata vescovile, con l’assistenza di Monsignor Arciprete, ed altri più scelti del Clero, profondamente inchinata la sagratissima statua, genuflesso l’adorò, l’incensò; poi intonato l’inno: Te Matrem Dei laudamus, alla prolazione del quale, ecco s’udì un ripiglio di Paradiso da tutti i cori; ecco tutte le campane toccarono a festa, e più ordini di regolare fila di mortaretti fecero salve vivaci; nel frattanto di ciò, da uno de’ suoi Ministri, ricevuto nelle proprie mani l’augusto diadema, trà li giubili e affetti e tenerezze verso Maria di tutto il gran popolo, che di contentezza piangea, finalmente il prelato arrivò al glorioso preggio di coronarle il Capo.

La statua coronata venne nel sotterraneo antico Santuario riportata dopo i solenni Vespri alla sera del 30 settembre. Il vescovo dappoi che coronatole il capo, col più riverente rispetto supplicò la Sovrana clementissima per l’aggradimento d’una preziosa Crocetta d’oro gemmata che le offerì a ornamento del collo. Un anello di diamanti, arredi, somme di danaro arricchirono per l’occasione il “tesoro della Madonna”.
Ad ammirare e festeggiare la Madonna incoronata tanto v’intervenne di popolo, da fecondarne un intero Stato, e tanto pur anco di nobiltà da formarne la corte d’un gran Re.